Certamente da quando sono diventato parroco di San Giacomo non ho avuto vita semplice per ciò che le vie del Signore, ‘che sono infinite’, mi hanno riservato. La morte, prima della mamma e poi del papà, nel breve periodo di nove mesi, hanno toccato il mio cuore e la mia esperienza umana. Poi, tutte le difficoltà abitative legate alla chiusura dell’ospedale San Giacomo hanno certamente reso instabile e precaria la sicurezza della residenza.
E da oltre un anno, come, chi pratica la parrocchia, sa bene, sono subentrate le difficoltà di salute legate a un doppio delicato intervento chirurgico ai piedi, che hanno ridotto le mie possibilità di ‘servizio pastorale’ relegandomi per mesi e mesi su di una sedia a rotelle.
Devo ringraziare tutti i parrocchiani che mi sono stati vicini con l’affetto e la preghiera; don Stefano, don Tonino e i catechisti per la loro disponibilità e presenza; Guglielmo, il volontario che da anni dona il suo tempo per i bisogni della nostra parrocchia e che discretamente e nel silenzio è a servizio di tutti.
Ma voglio qui, sul blog, ringraziare pubblicamente la Comunità degli Agostiniani Scalzi del Covento Gesù e Maria.
Da quando sono venuto i nostri rapporti sono sempre stati ottimi a tal punto da richiedere ed ottenere come Vicario cooperatore, un membro della comunità: Padre Zè. Abbiamo collaborato e celebrato i momenti liturgici più importanti dell’anno insieme dando visibilmente testimonianza di ‘Comunità Parrocchiale’.
In questo difficile periodo, la comunità agostiniana, mi ha permesso di ‘fare il parroco’ cercando di venirmi incontro a tutte le difficoltà. I Religiosi sono stati presenti nei momenti in cui, operato, dovevo stare in ospedale o assoluto riposo. Mi hanno aiutato a gestire materialmente tutti gli oneri riguardanti l’edificio: l’apertura, la chiusura la sorveglianza, la pulizia della Chiesa e la sistemazione di ogni cosa. Mi hanno aiutato nella cura spirituale delle anime e nella celebrazione dei sacramenti. Mi hanno portato ogni giorno da mangiare. Tutti nella comunità si sono adoperati per me. Dal superiore all’ultimo arrivato dei novizi. Tutti si sono interessati a me dal Provinciale al Superiore della casa che, venendo diverse volte a trovarmi, mi hanno sempre mostrato la loro disponibilità per qualunque cosa mi fosse servita.
Più di ogni altro mi sento di ringraziare Padre Zè: con la sua fraterna premura mi ha dato sempre tranquillità. Nei piccoli e grandi servizi di ogni giorno, dall’accompagnarmi in carrozzella sull’altare ad aiutarmi ad indossare i paramenti, dall’aiutarmi a celebrare la Messa a raccogliere la spazzatura nella mia camera ha sempre donato con generosità e serenità e questo per me è stato molto importante nella mia vita di ‘Sacerdote’. E’ stato ed è molto di più di vicario cooperatore. Un vero Fratello in Cristo.
Tutto questo per me è stata dimostrazione della ‘Bontà misericordiosa del Signore’.
Per ciò, ho voluto condividere questo grande dono.
Don Giuseppe
ORIGINE
Gli Agostiniani Scalzi, idealmente e spiritualmente si collegano al grande Agostino, Vescovo d'Ippona. Metafisico e retore e poi, convertito, grande santo e strenuo difensore della chiesa e quindi di Cristo, ebbe il senso della Comunità sia come dono, sia come strumento ideale per servire l'uomo fatto ad "immagine" di Dio. In Agostino, l'essere Comunità, significava condividere fede e speranza, difficoltà e preghiera, servizio e amore. Nella sua Comunità ogni uomo può essere certo di non vivere solo, ma di avere Cristo come capo e fratello: unità e amore di un popolo in cammino.
Giuridicamente, gli Agostiniani Scalzi hanno avuto inizio in un momento in cui la situazione storica denunciava difficoltà nella vita religiosa e comunitaria.
Nei grandi Ordini c'era crisi e problemi di identità; quasi una scomoda verità. Nello stesso tempo un grande desiderio di trasparenza interiore reclutava uomini di dio decisi al vambiamento per una maggiore radicalità della scelta consacrata. Sono gli anni del dopo concilio di Trento, anni di grandi trasformazioni e di giustificate perplessità spirituali. Tutto sembrava diffile, ma anche disponibiltà ad una maggiore verifica del comportamento in seno alle comunità religiose che, fondamentalmente, avevano percepito la gravità del problema.
Il "momento" giuridico o l'occasione della nascita degli Agostiniani Scalzi fu il 100° Capitolo Generale dell'Ordine Agostiniano iniziato a Roma nel Convento di S. Agostino, il 7 maggio 1592. Tra i vari problemi animati in seno all'Assemblea Capitolare si propose, con il decreto "Et quoniam satis", di dara spazio a quanti, presi dal desiderio di una vita più penitente e di preghiera, e contro lo sbandamento della vita comunitaria e religiosa, volessero dare inizio ad una "Riforma", quasi un ritorno alla origini, capace di fare "rifiorire l'Ordine per santità di vita e opere". tale decreto, emanato il 19 maggio 1592, avrebbe dovuto coinvolgere, nel suo cammino, tutto l'Ordine, a cominciare dallo stesso Convento di S. Agostino, sede del Capitolo Generale.
Anche se i fatti, poi, costituirono una realtà che andò al di là delle prospettive stesse del Capitolo, a principio, la Riforma fu un movimento all'interno dell'Ordine stesso.
Iddio, però, si serve di una storia qualunque per fare la "sua" storia. Sono le certezze di Dio, e nessuno al mondo può impedirle. bisogna arrendersi ai "suoi" segnali che, spesso, offrono strade diverse per realizzare il suo piano, l'unico ad aver ragione su tutto.
LA CHIESA DI GESU’ E MARIA
Le informazioni sono prese da Wilkipedia
La chiesa occupa parte di un terreno, oggi compreso tra le vie del Corso, di Gesù e Maria, del Babuino e di San Giacomo, su cui, agli inizi del XVII secolo sorgeva una villa con giardino di proprietà di Antonio Orsini, nipote del cardinale Flavio Orsini. Il terreno ed i suoi fabbricati furono acquistati dagli Agostiniani scalzi nel 1615, per costruirvi la loro nuova sede romana e la casa per la formazione dei seminaristi
La chiesa fu costruita successivamente all’acquisto, in due epoche diverse; nel frattempo, funzionava una piccola cappella dedicata a sant'Antonio abate, che affacciava su via del Babuino (in corrispondenza dell’attuale chiesa anglicana di All Saints) e che fu in seguito distrutta. La costruzione iniziò con la posa della prima pietra il 3 aprile 1633 e la prima tranche di lavori, su progetto di Carlo Buzio, fu ultimata sul finire del 1635: il 17 gennaio 1636 avvenne il solenne trasloco dalla chiesetta di sant'Antonio alla nuova chiesa, che fu dedicata ai nomi di Gesù e Maria. La chiesa, che mancava della parte finale e della facciata, fu ultima una trentina di anni dopo, sotto la direzione di Carlo Rainaldi, tra il 1671 ed il 1674: il 28 gennaio 1675 il tempio fu solennemente consacrato, come ricorda una lapide murata per l’occasione in sacrestia. Fra il 1678 ed il 1690 fu messa in opera la decorazione interna dell’edificio sacro ed il suo totale rivestimento in marmo, grazie alla munificenza del vescovo di Rieti, Giorgio Bolognetti.
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di “Santissimi Nomi di Gesù e Maria in Via Lata”, istituito da papa Paolo VI il 7 giugno 1967
DESCRIZIONE Della Chiesa
La facciata della chiesa, di Carlo Rainaldi, è in travertino e mattoni. L’unico portale d’ingresso è sormontato da un timpano a lunetta e da un finestrone rettangolare; è affiancato da quattro lesene corinzie, che sostengono la trabeazione con la scritta Iesu et Mariae, ed un grande timpano triangolare di coronamento.
La chiesa è ad un’unica navata, con volta a botte e tre cappelle per lato. Essa misura 27 metri di lunghezza e circa 15 di larghezza; la cappella che compone l’altare maggiore è di 7 metri per 7. [3] La volta fu decorata da Giacinto Brandi con una tela raffigurante la Glorificazione della Vergine con i quattro evangelisti; sul cornicione della volta vi sono statue in stucco che raffigurano i profeti ed altri personaggi dell’antico testamento.
Sul lato sinistro della chiesa vi sono le cappelle dedicate a san Tommaso da Villanova, a San Giuseppe e alla Madonna del Divino Aiuto. Tra le cappelle, sono collocati due monumenti funebri: il primo è dedicato ad Ercole e Luigi Bolognetti, fratelli del benefattore della chiesa, Giorgio Bolognetti, il cui monumento funebre si trova tra la cappella di san Giuseppe e quella della Madonna del Divino Aiuto.
Sul lato destro della chiesa vi sono le cappelle dedicate al Crocifisso, a San Nicola da Tolentino e a sant'Anna. Tra esse, due monumenti funebri: il primo dedicato a Pietro e Francesco Bolognetti (di Pietro Cavallini del 1681), il secondo a fra Mario Bolognetti (di Francesco Aprile), esempi fra i più caratteristici della scultura barocca funeraria.
Il presbiterio e l’altare maggiore si caratterizzano per l’imponenza e la ricchezza dei materiali utilizzati. La tela d’altare è di Giacinto Brandi e rappresenta Gesù che incorona Maria (1679).