sabato 8 settembre 2012
50° di professione religiosa di SUOR MATILDE
Con Grande gioia oggi ho partecipato alla festa di Ringraziamento per il 50° anniversario della professione religiosa di Suor MATILDE CANNONE.
Suor Matilde da tre anni dona il suo tempo e la sua generosità come catechista dei bambini che si preparano alla Prima Comunione.
Ci felicitiamo con lei nel Signore ringraziandola per la sua semplicità e testimonianza di fede.
Le auguriamo a lungo di servire il Signore nella Chiesa e nella sua Comunità dell'Istituto suore dell'Immacolata Concezione di Nostra Signora di Lourdes.
Mia Mamma
Mamma Costanza a 20 anni
Oggi 8 settembre, festa della Madonna, della natività di Maria è sempre stato un bel giorno per me. Non solo celebravo la Ricorrenza liturgica, ma era anche l'anniversario del matrimonio dei miei genitori. 6 anni fa proprio la vigilia di questa festa il 7 settembre mia mamma ci lasciava e dopo quasi nove mesi anche il papà.
Io ero appena diventato parroco di San Giacomo. Cinque mesi dopo scrissi una riflessione sull'accaduto a mia sorella che ora voglio condividere con gli 'avventori' del nostro Blog.
Carissima, amata mia sorella,
a volte non
riesco ad esprimere i miei profondi pensieri se non scrivendo, riflettendo con
calma e trascriverli.
Soprattutto le cose più importanti della mia vita le ho
sempre riflettute scrivendo; quasi la penna, prima o la tastiera oggi, fossero
lo svolgimento della mia mente.
E solo ora a distanza di 5 mesi,
mi sono messo a riflettere, per poi scrivere, su quanto è accaduto il 7 settembre, nella
solitudine della mia magnifica chiesa, interrotto ogni tanto da qualche povero
che viene a chiedere l’elemosina, con un magnifico sottofondo di organo.
E’ stata
una giornata tranquilla. La mattina sono stato alla USL, anche se non avevo
combinato nulla, ma ero riuscito ad andare in farmacia per comprare le medicine
che, Alessandro ed Anna Chiara, avrebbero dovute portare a Castelletta.
Verso le 11 telefono a mamma e gli dico che avevo preso le
medicine.
Mamma mi dice: bravo,
sono contenta, ma non mandare tutte le medicine, solo una confezione per
ricetta, perché tanto rimango pochi giorni ancora e poi torno a Roma.
Nel pomeriggio vado a trovare Fernanda, da tanto tempo non
la vedevo. E’ stata felice. Abbiamo parlato di mamma papà…. i vecchi ricordi da
bambino.
Appena uscito dalla sua casa, erano le 19.30, telefono
nuovamente a mamma per dirle del felice incontro. Anche mamma è stata contenta
e commossa per questo incontro. Ci siamo salutati e le ho augurato una buona
serata. Papà stava finendo la cena.
Anche io soddisfatto vado a casa.
Mi metto a preparare qualcosa. Mangio. Poi tu verso le 20.30 mi chiami. Mi dici: ma hai sentito oggi la mamma? Io
rispondo affermativamente perché l’ho sentita per due volte anzi avevo parlato
con lei meno di un ora prima.
Tu non sei tranquilla. Dici che non ti ha risposto al
telefono e che c’era stata una strana risposta di zia Rina. Poco dopo mi
richiami; mi dici: vedi che avevo
ragione? La mamma è caduta.
Come è caduta? Il mio cuore ha sobbalzato. Mi è presa subito
un ansia per qualcosa di grave che stava succedendo. La mia mente ha cominciato
a spaziare. Con calma ho telefonato anche io a Castelletta. Rispondono parenti.
Mi passano al telefono la mamma.
Come stai? - bhé son
caduta!
Ha una voce flebile, un po’ cupa. Adesso viene il medico di guardia a vedere. Dai Peppe non preoccuparti.
Ti richiamo e sgomenti aspettiamo.
Poco dopo telefono per la seconda volta a Castelletta. Sento
mamma più rilassata, la voce più decisa. Dai
non preoccuparti!
Mamma guarda che io parto e vengo!
Ma no dai, per una caduta? Non mi sono fatta nulla! Il medico mi ha
detto che non vede nulla! adesso vado all’Ospedale e così sono più tranquilla!
E’ stata l’ultima volta che ho sentito la voce della mia
mamma.
Non la sentirò mai più.
Le lunghe telefonate o anche
brevi, che ogni giorno anche più volte al giorno non ci saranno più. Se succedeva
che per un giorno non la chiamassi, subito, o quasi, mi cercava lei e con tono
dolce mi rimbrottava. Per me era l’appuntamento quotidiano. Quello delle 13.30.
Tutto passava per il telefono. Le mie gioie le mie
preoccupazioni, i miei progetti…. tutta la mia vita scorreva sui fili del
telefono con lei. Anche i pianti, a volte anche le sue arrabbiature ….. o anche
le mie. Eravamo troppo uguali io e lei. Ma ci amavamo profondamente.
Quelle lunghe telefonate non ci saranno più. Per l’ultima
volta ha ancora cercato di tranquillizzarmi.
Non sentirò più la sua dolce voce, la sua debole voce che
riconoscevo subito quando non stava bene o c’era qualcosa che l’aveva turbata.
Difficilmente sia io che lei riuscivamo a nascondere qualcosa o a camuffare la
voce.
Non sentirò più la sua voce ma solo nella memoria ritorna
nella mia mente: ti ricorderai di me
quando non ci sarà più… ricorderai la tua mamma che ti diceva pasticcione o le
camice piegate da me o come sempre ti ho mandato pulito…..
Si sempre pulito e ordinato fin da piccolo la mia mamma mi
mandava; e ci teneva tanto.
Quella voce nella mente risuona solo nei momenti in cui mi
fermo a pensare.
Il tempo passa. Io non riesco più
a comunicare con gli zii che hanno accompagnato la mamma. Anzi quasi presagissi
qualcosa di gravissimo, con Zio Pippo, sono stato scortese e quasi gli ho
urlato nel chiedergli un numero del cellulare.
Tra me e te le telefonate intercorrevano continuamente.
La mia mente cominciava ad azzerarsi. Non pensavo quasi nulla.
Non riuscivo a pensare. Cominciava ad esserci un black-out.
Le notizie peggioravano sempre. Nulla di grave, ma non respira bene…. Poi, qualche complicazione…. Poi,
bisogna fare la Tac….
Poi, bisogna portarla ad Ancona.
Le notizie precipitano. Allora decidiamo di partire. Io
chiudo tutto a casa e nel giro di pochi minuti arrivo da te, sorella mia cara.
Con calma mi dici che è meglio partire subito.
Non sappiamo dove andare. Tu hai il numero del cardiologo di
Fabriano.
Ma partiamo. Sono le 23 passate.
Io avevo un grosso nodo alla gola. Sono ammutolito. Non
riesco quasi a parlare.
Pochi minuti dopo diciamo che è meglio telefonare al numero
che ci avevano dato.
Sento la tua voce concitata ma calma, domandi, chiedi
spiegazioni. Io capisco dal colloquio la gravità della situazione. Non riesco a
pensare.
Poi mentre parli, hai un timido pianto e una voce spezzata.
Hai chiuso il telefono e accarezzandomi mi hai detto: la mamma non c’è più!.
Un tonfo gelido nel cuore. Mi si è spezzato il cuore. La
mente si è bloccata.
Le lacrime stavano per straripare dai miei occhi, ma si sono
fermate.
Tu con dolcezza mi continui ad accarezzare mentre il mio
sguardo è spento fisso sulla strada nel buio della notte.
Sei stata dolcissima. Con parole calme mi consolavi e la
prima cosa che hai detto a me che son prete: dai Peppe preghiamo per la mamma e con la voce spezzata abbiamo
pregato un po’. Abbiamo ripetuto quelle preghiere che la mamma ci ha insegnato
da bambini.
La strada da percorrere è stata lunghissima. I nostri discorsi
a tratti erano confusi. Tra ricordi, rimpianti, silenzi. Ma tu sempre cercavi,
anche con il contatto fisico della tua mano, di rassicurarmi.
So che in quel momento hai preso coscienza di quanto la
mamma sempre ti ha raccomandato: prenditi
sempre cura di tuo fratello.
E lo hai fatto dai primi istanti in cui ci ha lasciato la
mamma.
Hai realizzato che ora non solo dovevi aver cura dei tuoi
figli e di tuo marito, ma in modo più concreto che mai anche di tuo fratello.
Quante parole di conforto mi hai dato in quel lungo tratto
di strada.
Sembrava non arrivassimo mai.
Io non riuscivo a piangere. Ero bloccato. Non riuscivo a
dire quasi nulla perché ogni volta che cercavo di ricordare qualcosa la voce mi
si spezzava.
Non vedevamo l’ora di arrivare a Fabriano, ma nello stesso
tempo avevamo l’angoscia di giungere alla meta.
Alle 3.30 siamo arrivati. Ci
hanno accompagnato e ci hanno fatto vedere la mamma.
Poverina: ce l’ho ancora davanti agli occhi, su quella
barella, coperta da un lenzuolo. Con il volto che aveva certo sofferto e la
schiuma ancora sulle sue labbra.
La mia, la nostra dolce mamma morta lì, sola, in pochissimo
tempo. Il Signore se l’è presa.
Io l’ho voluta accarezzate. Quel volto che ormai, se ancor
morbido, cominciava a diventare freddo.
Sembrava quasi che ci aspettasse.
Aspettasse i suoi due figli. Che tanto amava e dai quali
tanto era amata.
L’ho accarezzata la mamma che aveva gli occhi chiusi e che
mai più rivedrò se non in foto o nel ricordo. Quegli occhi piccoli ma tanto
espressivi del suo umore delle sue sensazioni.
Tutti e due subito abbiamo trovato dolore ma serenità.
Che bello il dono della speranza che ci da la fede. Si, vero,
siamo nel dolore, un dolore profondo immenso che nulla umanamente potrà
cambiare, ma abbiamo una serenità dentro che il dolore, se pur forte, non
intacca.
Abbiamo ascoltato quanto era capitato: la caduta aveva
procurato alla mamma, un grande stress che in breve tempo è andato aumentando
fino a procurale un edema polmonare e l’infarto.
In brevissimo il Signore l’ha chiamata a sé.
E’ morta ‘in piedi’ come tutta la sua vita è stata in piedi.
Così l’ha voluta a sé il Signore. E’ morta dopo aver fatto
la sua giornata di moglie. Preparata la cena e inviato il papà a letto.
E’ caduta, sì, è vero, ma la mamma è morta in piedi.
Lasciato
l’ospedale siamo andati a Castelletta.
Che trauma
per me quel momento. Che dolore. Castelletta non sarà più la stessa per me. Anzi
vivo con terrore il momento in cui dovrò tornarci come facevo ogni anno per le
ferie.
Per me Castelletta è legata alla presenza di Mamma e Papà.
Per ora pensarla senza di lei è assurdo.
So che non dovrei pensare così, ma, sorellina mia, i miei
tempi son lunghi.
So di essere antipatico con gli zii, con i parenti, perché
parlo poco con loro, ma sai… è una cosa che devo superare col tempo.
Forse sto rimuovendo il problema per non affrontarlo, ma già
il fatto di stare a scrivere queste cose è un modo per fare un piccolo passo in
avanti.
Era buio,
c’era un silenzio rotto solo da un po’ di vento fresco. Non c’era nessuno.
Tutto era pronto per la festa della Madonna.
Che strana cosa. Il funerale proprio nel giorno della festa
della Madonna che lei tanto amava e tanto pregava… Madonnina mia, diceva sempre entrando in Chiesa
Non siamo andati a riposare. Siamo entrati in casa quasi con
devozione. Abbiamo visto ancora i segni della tragedia. La sdraia spostata,
l’asciugamano, il bicchiere d’acqua, le medicine.
Papà sopra dormiva ignaro del drammatico epilogo.
Abbiamo
passato due ore quasi nel silenzio. Io seduto su quel muretto dove per tanto
tempo, ogni anno, chiacchieravo con mamma che, seduta su una sedia, stava quasi
sempre facendo qualcosa. Poche volte aveva le mani ferme. E nel buoi rivedevo
la luce della sua presenza.
Tu ogni
tanto ti avvicinava a me ed eri rispettosa del mio silenzio. Mi capivi. Avevi
dentro un dolore immenso che ogni tanto sfogavi in un pianto non disperato, ma
di dolore. Ma subito ti riprendevi, quasi per non farti vedere da me.
Ogni tanto un bacio, una carezza, un abbraccio.
Alle 5.30
abbiamo avvisato gli zii e Natale. E soprattutto, il momento terribile di
andare da papà per dire che la mamma non c’era più.
Io non ho avuto il coraggio e me ne pento. Ma tu in quel
momento eri più forte. Sei andata con calma e tenerezza, tu sola, e poi subito ti
ho raggiunto io, quando ormai il ghiaccio era rotto.
Sei una donna coraggiosa e ti ringrazio, sorella mia, che mi
hai saputo sostenere anche in questo momento terribile. Ci siamo abbracciati
tutti e tre.
Il povero papà lo rivedo ancora con le mani incrociate,
rivolgendole verso l’alto, che piangeva e diceva: come faccio, come faccio, come faccio…….
I nostri occhi allora si sono riempiti di lacrime dignitose
quasi per non farci vedere da papà che in quel momento stava soffrendo tanto. Ci
chiediamo ancor oggi chissà che penserà come sta vivendo dentro questo dramma
lui che era Costanza-dipendente.
Lo vediamo sereno.
Ma il suo cuore….. povero il nostro papà.
Ricordo con
angoscia il momento di trovare i vestiti. Non sapevamo quasi nulla di dove
fossero le cose. Abbiamo scelto quel bel vestito blue.
Ancora aveva il profumo della mamma che ho sempre nelle mie narici, che ho sentito
dal primo momento che sono nato e che riconoscerei nell’ultimo istante della
vita.
La mamma ha sempre detto che io ho il naso buono.
Che dolce il profumo di mia mamma.
Si trattava
subito di organizzare per il funerale. Io ti seguivo come un cagnolino, ma sei tu
che hai saputo far tutto in poco tempo.
Ed in poco tempo la mamma è stata sistemata nella cappella
della camera mortuaria.
Era bella
serena. Il volto sofferente della notte si era rilassato. Aveva il suo bel
sorriso con fare altezzoso.
Io la guardavo ma la vedevo sempre sfuocata: i miei occhi
erano pieni di lacrime. Tu hai avuto più forza di me sorella cara, sei rimasta
tutto il giorno. Mentre io, oppresso dal dolore, mi allontanavo. Ogni tanto
però riuscivo a piangere. Tante, tante lacrime.
Quanto ho accarezzato la mamma. Volevo ricordare, davanti a
lei tante cose, ma mi venivano in mente tutte insieme con una tale confusione
da non renderle comprensibili.
Accarezzavo quelle mani che diventavano sempre più bianche.
Quelle mani che tante carezze mi avevano dato.
Anche qualche scappellotto. Quei capelli neri appena poco,
poco brizzolati. Quei capelli che fin da piccolo io amavo passare tra le mie
dita, arrotolarli, accarezzarli. L’ho sempre fatto. Anche durante questa ultima
estate in cui abbiamo passato tanto tempo assieme con una serenità quasi
preveggente.
Le
preghiere; il rosario che son riuscito a dire per intero davanti a lei. La
guardavo e pensavo che proprio 52 anni prima a quell’ora, lei era bella vestita
di bianco che si sposava con il mio papà
Ora anche era bianca. E raggiungeva il Signore.
Non so come,
ma quella notte ho dormito.
La mattina, di corsa, per l’ultima benedizione.
Ci siamo
abbracciati sorella mia. La mamma sembrava ci guardasse e mi affidasse a te,
che sempre mi sei stata vicina e mi hai protetto nella vita.
Vedevo, sentivo che mi affidava a te più che mai perché ora
non c’era più.
Aveva il suo sguardo che ci salutava.
L’ultima benedizione al suo corpo. Ho messo nella sua bara
il vangelo ed il libro delle preghiere, perché la mamma sta pregando per noi e così,
se non si dovesse ricordare qualche preghiera, lo apre e ci affida a Gesù.
E’ stata
l’ultima volta che ho visto la mamma. Sapevo che tutto stava per concludersi.
Questa bella avventura con una donna così speciale, come sono speciali le mamme
per tutti i figli.
Ma per noi tanto , tanto speciale.
Un bacio, un saluto alla mia tenera mamma. Alla mia forte
mamma.
Alla mia mamma che ora sta a guardarmi mentre scrivo queste
cose e sto piangendo in questa grande chiesa che non ha potuto mai vedere.
Ma il suo sacrificio mi sta accompagnando.
Sto piangendo ora sorella mia.
Ed anche tanto, che spero nessuno venga in questo momento se
no, non capirebbe.
Ma so di avere Lei dal cielo e te su questa terra che mi
stai vicina.
Grazie per la tua dolcezza, per i tuoi baci e le tue
carezze.
Scusa se non riesco a fare quanto fai te. Io sono meno risoluto
e per certe cose, come diceva la mamma per le cose pratiche non so fare nulla e
divento pasticcione.
Grazie per la tua forza e testimonianza di fede.
Sappiamo che la mamma non c’è più, ma la lassù ci guarda,
capisce e aiuta.
Abbi pazienza con me se in questo cammino sono più lento, a
volte stordito, a volte chiuso.
Ma credo che piano, piano anche io troverò non dico la
serenità spirituale che la fede già mi da, ma la serenità umana che ancora
tanto stenta ad esserci.
Grazie sorella mia tanto amata per tutte le attenzioni che
mi presti, per l’affetto, per quello che già stai facendo per me.
Tuo fratellone, Peppe