Viviamo in un periodo molto particolare per la nostra città, il nostro Paese direi per il Mondo intero, ma vogliamo dare un segno sensibile che possa caratterizzare l’Anno della Fede: Il restauro dell’Altare della Madonna dei Miracoli. Sarà un ‘impegno economico’ non semplice. Ma son convinto che riusciremo con la vostra generosità a raggiungere questo obbiettivo. Il ‘Calendario 2013’ (ideato e realizzato dal nostro Pino Moncada e scandito ogni mese da un verso della prechiera 'Per dono', scritta da Maria Pia Corrado Paravia - Presidente di A.N.G.E.L.S. onlus ) che verrà messo a vostra disposizione dalla Messa della Notte di Natale, potrà essere un occasione concreta per contribuire a questo intento.
APPUNTI SULLA SACRA IMMAGINE DI S. MARIA
DEI MIRACOLI E FATTI STORICI AD ESSA CONNESSI
Sotto uno
degli archi interni delle mura Aureliane, che si protendevano sino alla riva del
Tevere, nei pressi di Porta del Popolo in corrispondenza dell'attuale Ponte
Margherita, fu dipinto ad affresco, nella seconda metà del XV secolo (1480 c.),
l'immagine di una Madonna con il Bambino.
Una delle tante icone, dipinte da mani ignote e dette comunemente " Madonnelle", segno di una devozione comune a tutte le
classi sociali romane.
Un imprecisato giorno del 1525 una popolana recatasi
sulle sponde del Tevere per lavare panni, come un tempo s'usava, ed essendo in
compagnia del proprio figlio di sette
anni lo vide improvvisamente scivolare sulla riva melmosa e cadere nel fiume.
"...Buon per lei, che ivi d'appresso
eravi dipinta sul muro sotto un arco l'effige di Maria, in cui si incontrarono i suoi occhi bagnati di lacrime. A quella
vista si riscuote, si anima, ed invoca la gran Madre di Dio in soccorso del figlio.
Questi con l'aiuto degli uomini accorsi fu estratto dall'0nde, e confessò di
essere stato sostenuto da una signora coperta di bianca veste...".
All'emozione
suscitata dal provvidenziale quanto inatteso intervento celeste fu coinvolto
non solo l'intero rione, ma tutta la città (una città di poco più di centomila
anime): "...Sparsa la fama del successo, quel Rione fu inondato di Gente.
Accorsevi specialmente gli Infermi, e bisognosi; e i
miracoli
furonvi di si gran, copia ch'è una confusione il narrarli... E cominciovvi
concorso tale, ad appendervisi tanti voti, che la pubblica strada, era una
troppo piccola Chiesa..."
Si può
supporre che l'importanza del riscontro popolare nella devozione all'immagine
fosse esageratamente ingigantita, ma anche le pur rare testimonianze contemporanee
concordano nel descrivere grandi folle di partecipanti alla devozione.
La risonanza
collettiva del fatto indusse la Compagnia
di S. Giacomo, che esercitava in quell'area la sua giurisdizione,
a costruire in quello stesso luogo una modesta cappella dedicata alla Vergine. "
La grandezza del portento mosse l'edificante Compagnia di S. Giacomo a torla di
là, e collocarla nella chiesa eretta a tal
oggetto nel termine dell'anno 1525..." (archivio del Capitolo di
S. Pietro, Fondo Madonne Coronate).
La
cappellina è riportata nella pianta del Bufalini (1551) ed in quella del
Tempesta (1593) che la indica come S.Maria
Mirac(ulorum).
La cappella
fu affidata da Clemente VII (1523-1536) all'Ospedale
di S. Giacomo, poi detto degli
Incurabili.
Nel 1530 la
chiesetta fu sommersa dalla piena del Tevere e proprio i continui straripamenti
del fiume indussero al trasferimento della venerata immagine.
Sin dal 1338
, fondato dal card. Pietro Colonna, esisteva in Via del Corso l'ospedale oggi
chiamato S. Giacomo degli Incurabili
e, nel codice del Signorili, si nomina un S.
Iacobus de langusta, che il volgo chiamava anche l'agosta, nome attribuito nei secoli di mezzo ai ruderi del mausoleo
di Augusto.
Nicolò V,
nel 1450, concesse la chiesa di S.Giacomo alla Compagnia di S. Maria del Popolo
ed il card. Antonio Maria Salviati (1537-1602), la fece rinnovare e riedificare
in maggiori proporzioni dando inizio ai lavori nel 1592.
Nel( 1598) la
parte basamentale della chiesa era completata ed in quello stesso anno l'affresco
originale, riproducente l'immagine detta di S.Maria dei Miracoli, venne trasportato nella costruenda chiesa e sostituito,
nella cappella dove precedentemente era stato custodito, da una copia su cartone.
Da quell'anno
1598 vi furono così due medesime immagini che ebbero storie
parallele, ambedue sottolineate da fatti ed avvenimenti prodigiosi che vieppiù
ne esaltarono la devozione.
La copia rimase custodita nella
cappella che fu affidata nel 1628, dal card. Francesco Barberini, alla cura dei
frati riformati del terz'ordine di S. Francesco della Congregazione di Francia,
detti di Penitenza.
Nel 1661, Alessandro VII (1655-1667) firmò
il decreto che ordinava ai Terziari Francescani, che officiavano nella cappella,
di trasferirsi a Piazza del Popolo "per la malissima qualità dell'aria",
stando quella (cappella) sopra la riva del Tevere "dove ordinariamente soleva essere
una densissima nebbia".
I
francescani furono provvisoriamente ospitati quindi in Piazza del Popolo presso
un preesistente oratorio dedicato a S.Orsola,
vicino ai resti del preteso sepolcro di Agrippa, ricordato come
"Trullo".
Già papa Clemente
VIII (1592-l605).aveva ordinato a Carlo Rainaldi di edificare una nuova chiesa in Piazza del
Popolo ove, con maggior decoro, l'icona doveva essere collocata, ma soltanto
sotto i pontificati di Clemente X
(1670-1676) ed Innocenzo XI
(1676-1689) si portò a conclusione la fabbrica della chiesa che fu consacrata
il 5 agosto 1678.
La chiesa,
che prese il nome dall'immagine, è l'attuale S. Maria dei Miracoli attigua
all'altra, simmetrica, di S. Maria di
Montesanto.
Nel luglio
del 1796, all'avvenimento del famoso prodigio, comune ad altre immagini sacre
in diverse parti della città, le quali, a testimonianza di molti, mossero gli
occhi contemporaneamente, il rettore della chiesa di S. Maria dei Miracoli
propose di inserire, nel processo che sul predetto prodigio il Capitolo Vaticano
aveva intrapreso, l'immagine custodita nella sua chiesa.
Così ne
scrive il Marchetti: "Di questa immagine che è in carta,
posta in piccolo quadro e che si conserva in detta Chiesa nel secondo altare a
mano diritta sotto il quadro maggiore; i superiori della Compagnia del
Santissimo Sagramento ivi eretta , si presero cura di fare per mano di pubblico
Notaro prendere nel giorno stesso 9 luglio e nel seguente le deposizioni dei
testimoni, i quali come rilevasi dagli Istromenti rogati per gli atti del
Gaudenzi sotto il dì 9, 10 luglio 1796 dissero concordemente di poter con
giuramento attestare di avere cogli occhi propri respettivamente il dopo pranzo
del dì 9 luglio detto veduto questa sagra Immagine muovere gli occhi alla
presenza del popolo, che dava i soliti segni di meraviglia e di gioia. Segue la
lista dei testimoni".
L'affresco
originale, intanto, si continuò a custodirlo nella chiesa di S.Giacomo in
Augusta ed era circondato da una quantità e qualità tale di oggetti, che si
usava apporre un tempo come ex-voto, i quali offrivano una completa testimonianza
delle piccole grandi pene affidate dai fedeli alla sacra immagine e si poteva,
a volte, conoscere l'intero svolgimento del fatto straordinario grazie a scene raffigurate
in appositi quadretti.
Purtroppo
tutto ciò è andato perduto durante il periodo della Repubblica Romana (1849), quando
la chiesa di S. Giacomo fu trasformata in stalla, e miracoloso appare il fatto
che la prodigiosa icona non abbia subìto alcun danno. Oggi gli ex-voto sono
costituiti da piccoli cuori d'argento, con una data, un nome o, più spesso, un
generico ringraziamento che non rivela nulla.
Questo
cambiamento di forma segnala non solo il cambiamento di rapporto tra l'individuo
ed il sacro ma anche e, soprattutto, che non esiste più la percezione collettiva
di questo rapporto.
L'ex-voto
che, infatti, è finalizzato a rendere pubblico il miracolo, a socializzarlo,
svolge ora questa funzione in modo scarsamente comunicativo.
Eppure
sarebbe ancora coinvolgente ed esaltante se coloro che ritengono di avere
ricevuto , implorandolo all'immagine, un segno di grazia, comunque esso sia,
volessero testimoniarlo pubblicamente.
Ma, allora,
occorrerebbe di certo un libro, e non questi pochi appunti.
Di Giacomo
Fabrizio