venerdì 18 ottobre 2019

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO




Dal Vangelo secondo Luca (Lc. 18,1-8)
 In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
 «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
 Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
 E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Parola del Signore

Disse poi una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Questi sempre e mai, parole infinite e definitive, sembrano una missione impossibile. Eppure qualcuno c’è riuscito: «Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato preghiera» (Tommaso da Celano).
Ma come è possibile lavorare, incontrare, studiare, mangiare, dormire e nello stesso tempo pregare? Dobbiamo capire: pregare non significa dire preghiere; pregare sempre non vuol dire ripetere formule senza smettere mai. Gesù stesso ci ha messo in guardia: «Quando pregate non moltiplicate parole, il Padre sa…» (Mt 6,7).
Un maestro spirituale dei monaci antichi, Evagrio il Pontico, ci assicura: «Non compiacerti nel numero dei salmi che hai recitato: esso getta un velo sul tuo cuore. Vale di più una sola parola nell’intimità, che mille stando lontano». Intimità: pregare alle volte è solo sentire una voce misteriosa che ci sussurra all’orecchio: io ti amo, io ti amo, io ti amo. E tentare di rispondere. Pregare è come voler bene, c’è sempre tempo per voler bene: se ami qualcuno, lo ami giorno e notte, senza smettere mai. Basta solo che ne evochi il nome e il volto, e da te qualcosa si mette in viaggio verso quella persona.
Così è con Dio: pensi a lui, lo chiami, e da te qualcosa si mette in viaggio all’indirizzo dell’eterno: «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (sant’Agostino). Il tuo desiderio di preghiera è già preghiera, non occorre star sempre a pensarci. La donna incinta, anche se non pensa in continuazione alla creatura che vive in lei, diventa sempre più madre a ogni battito del cuore. Il Vangelo ci porta poi a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa, anonima e indimenticabile, indomita davanti al sopruso.
C’era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi giustizia contro il mio avversario! Una donna che non si arrende ci rivela che la preghiera è un no gridato al «così vanno le cose», è il primo vagito di una storia neonata: la preghiera cambia il mondo cambiandoci il cuore. Qui Dio non è rappresentato dal giudice della parabola, lo incontriamo invece nella povera vedova, che è carne di Dio in cui grida la fame di giustizia. Perché pregare?
È come chiedere: perché respirare? Per vivere! Alla fine pregare è facile come respirare. «Respirate sempre Cristo», ultima perla dell’abate Antonio ai suoi monaci, perché è attorno a noi. «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). Allora la preghiera è facile come il respiro, semplice e vitale come respirare l’aria stessa di Dio.
(Padre Ermes Ronchi)

16 ottobre


Il 16 ottobre 1943, all'alba, ricordiamo il drammatico rastrellamento degli ebrei a Roma ed il loro trasferimento ad Auschwitz. Nel pomeriggio del 16 ottobre del 1978 ricordiamo le prime parole di Giovanni Paolo II quando, appena eletto, si è affacciato dal balcone della basilica di San Pietro. Nel pomeriggio del 16 ottobre del 2006 alle 17:30 fui presentato come il nuovo parroco nella nostra chiesa di San Giacomo. Avevo il cuore pieno di dolore. Non c'era più mia mamma: da pochi mesi l'avevo persa. Papà, stanco e malandato, non era potuto venire. Sarebbe morto dopo pochi mesi. Monsignor Ernesto Mandara, allora Vescovo del Settore Centro, in forma semplice, mi presentò ai fedeli. Non me la sentivo di fare ingresso solenne. Né di far festa. Ma fu l'inizio di una nuova avventura. Solo nel tempo, dopo aver visto le mie peripezie, ho capito del perché il Signore aveva voluto che diventassi parroco proprio di questa chiesa. Devo dire che un bel pezzo di strada l'abbiamo fatta. A distanza di anni vedo che ero e sono molto contento. Ho trovato persone che mi hanno amato. Che sono state mie collaboratrici i miei collaboratori. Hanno avuto la pazienza con me, con i miei acciacchi, con i miei orari. Non sono mai stato lasciato solo. in quest'ultimo anno abbiamo subito il dolore della perdita di Don Stefano. Per me non è solo stato solo un collaboratore, ma un fratello: sono stato più con lui che con mia mamma. Oltre 20 anni. So che dal cielo, come aveva promesso a mia mamma, continuerà a vegliare su di me. Oggi quindi rivolgo il mio sguardo al Signore per rendergli grazie per quanto mi ha fatto. Ripercorro con il salmista il mio cammino. E con lui grido: il Signore ha fatto meraviglie: eterno è il suo amore per noi. Grazie a tutti grazie per il bene che mi volete, grazie perché ci siete, grazie perché io sono con voi. Ad multos annos. Don Giuseppe.

Pellegrinaggio cresimandi

Pellegrinaggio notturno cresimandi della diocesi di Roma sulle orme di San Camillo de Lellis. La tappa qui da noi, nella nostra chiesa, insieme a don Andrea, collaboratori ed una esuberante e frizzante suora camilliana.