lunedì 16 dicembre 2013

L'albero di Natale è cristiano



L’usanza d’avere e di decorare un albero durante l’Avvento in preparazione alle feste di Natale, è entrata largamente nelle case cristiane. Lo troviamo nelle chiese, nelle strade, nei negozi ed anche sui giornali, senza però, uno speciale riferimento cristiano. Sembra che l’albero si presenti come alternativa al presepe di tradizione latina o, come alcuni dicono, come simbolo delle feste invernali e del nuovo anno. Invece pochi segni, sono tanto antichi e così specificatamente cristiani come l’albero di Natale, visto che il suo obiettivo è stato sempre quello di ricordare ai fedeli che Cristo, nato per noi in Betlemme di Giudea, è il vero Albero della vita (Ap 2,7), l’Albero dal quale l’uomo fu separato a causa del peccato di Adamo (Gn 2,9).
Origine nordica
Il significato specificatamente religioso dell’albero è legato all’evangelizzazione del nord Europa. S. Bonifacio, apostolo della Germania, nell’intenso lavoro missionario realizzato ad Hessen, osò abbattere, nell’anno 724, la famosa quercia di Geismer dedicata al dio Donar e venerata con onori divini. Tagliatala, il santo vescovo, fece costruire con quel legno una cappella in onore di S. Pietro e, al suo posto, piantò un abete in onore di Gesù Cristo. Questo episodio, apparentemente insignificante, mise a punto un “colpo” decisivo contro il paganesimo della regione. Da quel momento il cristianesimo si andò inculturando e le antiche usanze continuarono, avendo però nuovi significati. La decorazione di un albero con luci, si inserì nei riti di rigenerazione della luce quando, passato il solstizio, i giorni si ricominciavano ad allungare. Queste pratiche dell’albero della luce (Lichterbaum) erano proprie dell’ambiente scandinavo e tedesco e si inserirono nelle credenze di quei popoli, i quali pensavano che le piante sempreverdi avevano il potere di scongiurare gli spiriti cattivi che agivano soprattutto nelle oscure giornate invernali. Di contro, i cristiani credevano in Dio, in Colui che brilla nelle tenebre e che viene riconosciuto dal popolo per mezzo dello splendore della sua luce. Quindi, S. Bonifacio (inglese di provenienza ma romano di formazione), che portò a termine una delle più grandi azioni missionarie della storia della Chiesa e la cui opera fu un fattore decisivo per lo sviluppo del cristianesimo in Europa, è all’origine dell’albero di Natale che noi adorniamo in questi giorni di festa. Da qui scaturì una catechesi molto semplice e di facile comprensione per gli uomini medioevali che vivevano la loro vita al ritmo della natura: in mezzo agli alberi morti per la perdita del fogliame, l’abete sempreverde era visto come segno di Cristo, il Vivente (Ap 1,18) e, questo albero pieno di luce era Colui che è la Luce del mondo (Gv 8,12; 9,5), che con la sua nascita ci conduce a Dio che abita in una luce inaccessibile (1 Tm 6,16).
Sviluppo slavo e orientale
Nel calendario della liturgia bizantina, nella Domenica che precede il Natale, troviamo l’indicazione della celebrazione, “della memoria di tutti i Genitori che furono graditi a Dio, da Adamo a Giuseppe, lo sposo della Santissima Madre di Dio”. In altri calendari slavi, la festa del 24 dicembre, è dedicata ad Adamo ed Eva. Tale celebrazione è caratterizzata, in ricordo dell’albero del Paradiso, dalla decorazione di un albero con mele o palline rosse, il cui colore rievoca il peccato e la Redenzione. Ancora oggi, in Polonia, questa festa del 24 dicembre – ultimo giorno dell’avvento – pone, in maniera pedagogica, il primo Adamo in relazione con il nuovo Adamo, Gesù, festa celebrata il 25 dicembre. In questo modo, l’albero da cui trae origine il peccato si converte in albero di vita. In questo ambiente slavo, un’altra tradizione consisteva nel fare una piramide luminosa avente nella sommità un cero che veniva preso durante la Notte Santa della nascita di Gesù, la luce vera. Il popolo esprimeva con le lampade accese l’andare senza timore incontro al Cristo che veniva nel Natale; allo stesso modo il popolo chiedeva di essere infiammato dal fuoco dello Spirito per poter risplendere davanti al Signore, quando verrà definitivamente, illuminato dalla sua gloria. Entrambe le pratiche, l’adornare l’albero con delle mele e l’accendere delle candele, si fusero a partire dal sec. XVI.
Racconti popolari
Con il fine di diffondere il simbolo universale dell’albero della vita, la gente semplice aggiunse delle leggende. Molto estesa era la credenza secondo cui da un seme dell’albero del Paradiso sia nato un altro albero, con il quale molti secoli più tardi si costruì la croce salvatrice del Golgota. Anche i racconti intorno al fuoco nelle notti di inverno si preoccuparono di situare il pino al centro del cosmo che si rinnovò per la redenzione cominciata dalla nascita di Cristo. Già nel pieno sec. X ai bambini si raccontava che la Notte di Natale, non solo cantarono gli angeli e gioirono i pastori (Lc 2,8-15), ma che in quel silenzio, quando il Verbo, per mezzo del quale tutte le cose furono fatte (Gv 1,3-10), discese dal trono reale dei cieli (Sap 18,14-15), la creazione sembrò coperta di nuova vita: gli animali parlarono (Is 1,3; Ab 3,2 testo greco), i fiori sbocciarono in pieno inverno, si videro nascere i più buoni frutti sugli alberi (Sl 1,3). Solamente l’abete, che non fiorisce, non poteva esprimere la gioia del cosmo di fronte alla venuta del Redentore (Sl 95,12) e per questo il Signore, prese nelle sue divine mani un grappolo di stelle (Ap 1,16) e le mise sopra i suoi rami che divennero risplendenti di luce. Un’altra versione dello stesso racconto presenta l’albero vicino la grotta di Betlemme con sopra la stella che aveva guidato i Magi, “abbellendo” così “il Luogo Santo” (Is 60,13). Questi racconti che hanno alimentato la pietà popolare di generazioni, esprimono la profonda convinzione cristiana che il Dio creatore si rende presente in mezzo alla sua creazione in una triplice manifestazione: naturale (la stella si pose sulla cima dell’albero), storica (indicando la nascita), Scritturistica (nel luogo annunciato dai profeti). Nel campo iconografico, non mancano rappresentazioni di un albero presso il presepe. A volte l’albero apre la sua fronda per formare il segno della croce. La rappresentazione non può mostrare in modo migliore la relazione esistente tra la Pasqua e il Natale. Così lo esprime la liturgia Hispano-mozarabica dell’Avvento: Colui che nasce, viene per morire. È un linguaggio diverso ma afferma la medesima realtà: esprime come Colui che prima di apparire nel tempo esiste prima del tempo e i cieli e la terra, “che furono creati per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,16), lo rendono presente in tutto il suo splendore.
Usanza protestante?
L’albero e il presepe coesistevano pacificamente nel centro Europa fino alla riforma protestante. L’influenza della predicazione iconoclasta dei luterani arrivò ad eliminare il presepe in favore dell’albero. In contrasto con il vuoto dovuto alla soppressione dell’immagine della Natività e per lottare contro una visione unicamente pagana dell’albero, si diffusero molteplici e belle leggende in favore dell’abete. Indiscutibilmente, l’albero santo – come lo si è denominato - si impose con forza. Abbiamo notizia del popolo di Selestat in Alsazia in cui il Natale, nel 1521, si celebrava adornando l’albero. Anche a Strasburgo, a partire dal 1605 si diffuse l’usanza di collocare regali e dolciumi ai piedi del pino. Questi dolci erano fatti con latte e miele, evocando così la Terra Promessa (Es 3,8) e dando l’accesso all’albero della Vita (Ap 22,14) simbolo di Gesù Cristo. In non pochi luoghi i dolci sostituirono le preghiere, il pane benedetto che veniva a ricordare l’Eucarestia (Gv 6,51). “L’ammirabile scambio” che canta la liturgia natalizia10 si esprimeva in questa forma semplice. L’albero della croce mostra lasua efficacia nell’Eucarestia. In lei, come nel mistero della Manifestazione (1 Tm 3,16), Dio si fece uomo perché l’uomo diventasse Dio. L’albero viene introdotto in Inghilterra nel secolo XVIII. Viene menzionato per la prima volta nel 1789. Nel 1800, la regina Charlotte, tedesca di nascita e moglie di Georges III, collocò un pino di Natale a Queen’s Lodge (Windsor). Ornato con luci, mele rosse e con figure di Maria, di Giuseppe, dell’asino e del bue. Sulla cima c’era l’immagine di Gesù Bambino: è la fusione delle tradizioni latine con quelle tedesche. Solamente nel 1840, in piena epoca vittoriana, che a Londra si diffonde pienamente l’uso di questo simbolo natalizio: il principe Alberto di Sassonia-Coburgo, sposo della regina Vittoria, lo aveva introdotto nel palazzo provocando l’imitazione da parte della nobiltà e della borghesia. Nel 1869, Charles Dickens scrive “Nuove storie per il Natale” con un magnifico saggio sull’albero. Ricordiamo anche, nel secolo passato, l’iniziativa della principessa Hèlene de Mecklembourg, contessa d’Orleans, quando fece adornare in Avvento un pino a Tuilleries (Parigi). Una grande diffusione ebbe in seguito a Zurigo, Vienna e Praga. Dall’Inghilterra arriva agli Stati Uniti, dove troviamo il primo albero adornato in una via pubblica a Boston (1912). Per influenza nord-americana torna in Europa e diviene molto popolare nei nostri paesi. A Roma figura, insieme alla rappresentazione della grotta di Betlemme, davanti alla Basilica Vaticana.
Memoria del Paradiso
L’albero di Natale ci ricorda altri due alberi: quello del Paradiso e quello della Croce. Il Paradiso è il luogo originario dove Dio colloca l’uomo. Giardino ricco di tutte le specie di alberi, piantati ad Oriente (Gn 2,8), lo stesso è dire di Cristo, perché Egli stesso è chiamato Oriente (Zc 3,8; 6,12 testo greco; Lc 1,78). Quando il Signore ritornerà, verrà da Oriente (Mt 24,27a), riflesso della luce eterna (Sap 7,26), brillando fino ad Occidente (Mt 24,27b). L’albero sarà il ricordo continuo della nostra autentica patria – il Paradiso – e sarà tempo in cui desiderio e aspirazione ci faranno crescere nella speranza. L’albero della vita del Paradiso è la Saggezza (Prov 3,18), e questa saggezza di Dio è Cristo crocifisso sull’albero della Croce (1Cor 1,23s). L’albero, origine della colpa che gettò il mondo nelle tenebre, è divenuto per la morte di Cristo la sorgente della luce vera che illumina tutti gli uomini (Gv 1,9). L’albero della Croce è il simbolo pasquale che ci rievoca la gloriosa vittoria del leone della tribù di Giuda (Ap 5,5); addobbare l’albero a Natale, è espressione della fede nel compimento delle promesse in Cristo: “si rallegrano gli alberi della foresta di fronte al Signore che viene” (Sl 95,12-13). Cedri, pini e cipressi, sono per il profeta alberi paradisiaci. L’albero sempre-verde richiama ancora di più la presenza di Dio stesso: “Sono come cipressi sempre verdi” (Os 14,9). Sono segni eterni di gioia e di pace (Is 55,12s) che portano in sé la confessione della fede: il peccato di Adamo è stato distrutto per l’Incarnazione di Cristo che si è caricato del peccato dando a noi la vita. Questo è il significato teologico del linguaggio popolare che adorna l’albero di mele e palline rosse che simboleggiano il peccato, o il porre forme di pane che simboleggiano le ostie. La mela della discordia pone nell’uomo la morte, l’ostia della pace ridona la vita. Queste ostie sospese sui rami dell’albero hanno dato origine ai marzapane e agli altri dolci natalizi. In differenti luoghi, intorno all’albero, sono nate diverse rappresentazioni di teatro sacro. I personaggi che intervenivano (angeli, diavoli, stelle, Adamo ed Eva, ecc) rimanevano attaccati ai rami dell’albero come figure: coro degli angeli, serpenti o draghi, e soprattutto le candele utilizzate per esprimere la luce che brilla nelle tenebre (Gv 1,5) e che è servita per ricordare il Sole che nasce nell’alto (Lc 1,79). Voi tutti, alberi del Signore, benedite il Signore! La pubblicazione nel Rituale delle Benedizioni Liturgiche (nelle edizioni Spagnola, Canadese e Statunitense) del Rito della Benedizione dell’albero di Natale, permette di vederlo come un sacramentale. E’ un modo di benedire il Signore, riconoscendo nell’albero della Croce un prolungamento di quello del Paradiso, formando così l’asse unico del mondo, “nessuna foresta ne produce uno uguale” (è il simbolo della vita in perpetua evoluzione, in ascesa verso l’alto; penetra nel suolo e si slancia verso il cielo). Giustamente, allora, l’albero è un modo per identificare una famiglia cristiana; un’immagine del Bambino Gesù o un’icona della Natività posti al di sotto, accanto o sopra di esso, contribuiranno a far risaltare il carattere religioso di questo simbolo ecologico della Natività. Questo non si è mai perso nell’Europa centrale ma nella nostra area, l’albero si è maggiormente introdotto come segno “laico” delle feste invernali di famiglia.
Padre Manuel Gonzalez, don Francesco Giuliani
 

Nessun commento:

Posta un commento