sabato 12 dicembre 2015
Lettera del Cardinale Vicario
Lettera del Cardinale Vicario
dopo il Convegno Ecclesiale di Firenze - 2015
Carissimi,
come è a tutti noto, dal 9 al 13 novembre scorso, si è tenuto a Firenze il V° Convegno Ecclesiale Nazionale della Chiesa Italiana. Con i Vescovi Ausiliari e una delegazione di sacerdoti e laici della nostra Diocesi ho vissuto quelle giornate in un clima di docile ascolto dello Spirito, di comunione e di fraterno dialogo e riflessione con i delegati di tutte le Chiese particolari italiane sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Il discorso del Santo Padre nel Duomo di Firenze e la Sua omelia durante la Celebrazione Eucaristica hanno suscitato un grande entusiasmo e orientato i lavori.
Il senso dell’intervento del Papa potrebbe essere così riassunto: occorre leggere con rinnovata attenzione e slancio missionario i segni dei tempi. Non è più il momento di ragionare come in un’epoca di cristianità, in cui l’adesione alla fede poteva darsi per scontata. A differenza di alcuni decenni fa, quando la Chiesa – la Chiesa italiana, e anche la Chiesa di Roma – poteva contare su un diffuso riconoscimento sociale, ora non è più così. Questo però può non essere un danno, ma un guadagno (cfr Fil 3,7)! La Chiesa ha seguito il cammino di spogliamento del Signore (cfr Fil 2,7) ed essendo più povera è pronta a vivere una stagione di nuova fecondità pasquale: «Una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa». Questa consapevolezza incoraggia l’audacia di uscire, di mettersi in cammino, di inaugurare sentieri nuovi, di attivare processi senza avere la presunzione di controllarli nel dettaglio. In questo modo la Chiesa imiterà Gesù che, incontrando lungo le strade della Terra Santa la povera gente, era profondamente commosso (cfr Mc 8,2; Mt 9,36; 14,14; 15,32). Come il suo Signore e Maestro la comunità cristiana presterà maggiore attenzione ai poveri, ai fragili, agli esclusi, ai “periferici”, anzi ne assumerà la testimonianza.
Papa Francesco ci ha invitato a leggere con occhi nuovi l'Esort. Apost. Evangelii gaudium, incoraggiandoci ad assimilarla interiormente, affinché penetri sempre di più nella vita delle nostre parrocchie e le aiuti a vivere la missionarietà come dimensione essenziale della comunità cristiana, così da rivelare la Chiesa «mamma dal volto lieto e vicina a tutti i suoi figli».
Questo «sogno» del Papa per un nuovo umanesimo è stato costantemente ripreso nei lavori del Convegno, di cui intendo in questa lettera – frutto dell’esperienza della nostra delegazione - proporvi alcuni punti, che mi paiono come il “filo rosso” che lega il progetto pastorale diocesano alla riflessione della Chiesa italiana.
1. Rinnovamento del linguaggio pastorale. È stata evidenziata fortemente la necessità di un rinnovamento del linguaggio: nella liturgia, a partire dalle nostre Messe domenicali, evitando gli eccessi tanto della trasandatezza quanto del formalismo; nella predicazione (come indicato da E.G.); nell’annuncio, con linguaggi nuovi e più efficaci, più vicini alla vita della gente, capaci di raccogliere anche la sfida delle nuove tecnologie (“pastorale digitale”, è stato detto).
La Chiesa di Roma da tempo lavora in questa direzione: ma occorre insistere di più, con tenacia e convinzione.
2. Formazione. Nei laboratori del Convegno è emersa la necessità di curare maggiormente la formazione, a tutti i livelli. Anzitutto la formazione dei sacerdoti, dei diaconi e dei seminaristi (per questi ultimi avvalendosi anche del contributo delle famiglie, perché possano comprendere meglio le attese e i bisogni dei laici); poi la formazione dei consacrati (anche attraverso iniziative tra membri di più istituti); ma soprattutto la formazione dei laici, con “scuole della Parola” o analoghe iniziative di cammini di fede, estendendosi poi ad altri aspetti, come ad es. alla Dottrina sociale della Chiesa, al fine di favorire una presenza più attiva dei cristiani - particolarmente dei giovani - nella società. Papa Francesco ha scritto: «Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati» (E.G, n. 120).
Tutti hanno concordato nel dichiarare che l’impegno per una maggior formazione della coscienza cristiana è ormai una priorità ineludibile, da sviluppare non solo attraverso conferenze di specialisti, ma anche con esperienze di vita, valorizzando le risorse interne alle comunità, attivando processi permanenti di auto-formazione, mediante una migliore interazione fra presbiteri e laici.
Nella nostra Diocesi i corsi di formazione per catechisti e altri operatori pastorali, avviati da alcuni anni a livello di Prefettura, sono sicuramente di aiuto in questa direzione, ma l’esigenza di avere laici ben preparati per essere una “Chiesa in uscita” ci spinge ad un maggiore sforzo, perché questa azione formativa diventi capillare.
3. Centralità delle famiglie. Del Convegno fiorentino mi sta molto a cuore ricordare, in particolare, la grande attenzione che è stata data alla famiglia, ribadita come centrale per il futuro della Chiesa e per la società. La nostra Diocesi, soprattutto in questi ultimi anni, ha tra i suoi obiettivi prioritari la promozione della pastorale familiare ponendo a tema la trasmissione della fede alle nuove generazioni. Un pionieristico percorso di formazione pre- e post-battesimale ci ha fatto concentrare sul ruolo dei genitori. Importanti poi sono state le conclusioni del Convegno diocesano di quest’anno.
Più volte ho avuto modo di esprimere apprezzamento per i passi che stiamo muovendo, ma desidero rinnovare a tutti l’invito a curare di più le famiglie, in modo particolare quelle giovani, avendo cura anche di quelle “ferite”, che il recente Sinodo dei Vescovi ha chiesto di accogliere e far sentire parte viva della comunità cristiana.
4. Opere di carità. Tra le proposte più ricorrenti a Firenze, soprattutto in vista del Giubileo, è stato suggerito di potenziare l’impegno per la testimonianza della misericordia attraverso «la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). In questo campo tante esigenze pastorali dovremmo incoraggiare e potenziare. Ne ricordo alcune: la cura degli adolescenti a rischio, del cosiddetto “popolo della notte”, dei poveri e dei migranti, impegnando ciascun battezzato e le comunità ad attivare “segni giubilari” permanenti, al livello parrocchiale, di prefettura e diocesano. Questa attenzione operativa va accostata ad una maggiore accoglienza e ad un ascolto più empatico di tutti, nessuno escluso. I due movimenti – accoglienza e annuncio – vanno infatti di pari passo.
5. Sinodalità. Infine, è stato sottolineata molto la dimensione della sinodalità, cioè del camminare insieme. Lo stile di fraterna condivisione che ha caratterizzato le giornate fiorentine ha suscitato in molti nostri delegati il grato ricordo del Sinodo Diocesano e la lunga preparazione del Giubileo del 2000. Il passaggio dalla collaborazione dei laici alla loro piena corresponsabilità pastorale – tema affrontato in Diocesi già alcuni anni or sono – sembra non essersi ancora pienamente compiuto, e merita un approfondimento. Si chiede anche una collaborazione più sistematica tra i diversi uffici pastorali diocesani: grazie a Dio, abbiamo fatto un tratto di strada, ma mi pare necessario procedere più speditamente, perché laddove il cammino è stato più intenso i frutti si sono moltiplicati.
Carissimi, il Giubileo, che oggi il Santo Padre apre ufficialmente, dopo il grande segno dell’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, è un’ulteriore tessera del mosaico che la Provvidenza va componendo per accompagnare la Chiesa a essere sempre più sacramento universale di salvezza. Un mosaico che per la nostra Chiesa di Roma ha i tratti del Sinodo e delle tappe segnate dai Convegni diocesani annuali, con i loro orientamenti e con l’impegno silenzioso e generoso delle comunità che progressivamente mostrano il volto di una Chiesa che ha a cuore di far conoscere a tutti Gesù Redentore dell’uomo. È il Signore che guida il suo popolo nel tempo.
Sentiamoci parte di questo unico corpo, approfondiamo il senso di appartenenza ecclesiale da cui scaturiscono l’impegno e la corresponsabilità pastorali. Le esperienze di comunione e di collaborazione fra Parrocchie, Aggregazioni laicali e Uffici pastorali del Vicariato e delle Parrocchie all’interno delle Prefetture, sono essenziali per armonizzare la ricchezza di cui ciascuno, singolo o comunità, è portatore e annunciare la bellezza del Vangelo.
Con l’augurio di un Anno Santo ricco di grazie spirituali, vi affido alla materna protezione della Vergine Maria, Salus Populi Romani. Di cuore invoco su tutti la benedizione del Signore.
Dal Vicariato, 8 dicembre 2015
Agostino Card. Vallini
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