Quasi ogni
giorno mi si stringe il cuore nel veder passare qui da me decine di persone che
chiedono aiuto materiale, di ogni genere: chi chiede soldi, chi medicine, chi
cibo, chi bombole o porta bollette della luce…..
Mi si
stringe il cuore non sapendo cosa fare, che dire.
Varie sono
le tipologie di persone: sono barboni, nomadi, ex detenuti, gente che ora si
affaccia quasi con vergogna perché si trova senza casa, senza lavoro; padri e
madri di famiglia, soprattutto padri separati. Chi è sfrattato o in via di
sfratto. Giovani e meno giovani in cerca di lavoro.
Ogni giorno
sotto gli occhi.
Mi viene in
mente un racconto di mia nonna Isolina:
“C’erano
tempi duri, difficili prima e dopo la guerra. La terra non produceva. Bastava
una grandinata ed andava perso tutto quanto avevi. Il nonno, andava, quando lo
chiamavano a ‘mete’ (mietere) su per Viterbo. Non c’era da mangiare e allora…. ‘navamo
pè lemosina’.
Andavi a
chiedere l’Elemosina?
Si! Cocco di
Nonna, andavamo a gruppi giù per ‘Serra’ o i paesi della valle.
E non ti
vergognavi?
Ma c’era la
fame, ci facevamo coraggio l’un'altra e bussavamo alle porte.
E cosa vi
davano?
Mezza ‘fila
de pà’ (pane); quattr’ova; un pezzetto de baccalà; un pezzo di ‘cacio’ e un
pezzo di salame, na manciata di sale e un brocchetto d’olio…”
Poi, è
cresciuto mio papà, poi siamo cresciuti noi…..
Noi che
siamo stati i ‘figli’ dell’Elemosina. Questo non dobbiamo dimenticarlo.
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