(Joseph Ratzinger, Conferenza Stampa del 7 marzo del 2000)
mercoledì 13 febbraio 2013
Riconoscere il proprio peccato
(Joseph Ratzinger, Conferenza Stampa del 7 marzo del 2000)
CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE LA CONFESSIONE
Prima
di confessarti prega il Signore e poi fai l’esame di coscienza
Preghiera: O Dio, che sei la misericordia e il perdono, e concedi ogni grazia
senza alcun merito, illumina la mia mente con la luce del tuo Santo Spirito
perché, confessando umilmente i miei peccati, io possa offrirti in sacrificio
un cuore umile e contrito e, conoscendo il tuo amore di Padre che mi ha creato
e redento, io possa servirti sempre nella gioia e nella pace. Per Cristo nostro
Signore. Amen
Schema per I'esame di coscienza
Quando I'esame di coscienza vien fatto prima
del sacramento della Penitenza, è bene che ognuno s'interroghi anzitutto su
questi punti:
1. Mi
accosto al sacramento della Penitenza per un sincero desiderio di
purificazione, di conversione, di rinnovamento di vita e di più intima amicizia
con Dio, o lo considero piuttosto come un peso, che solo molto di raro son
disposto ad addossarmi?
2. Ho
dimenticato od ho di proposito taciuto dei peccati gravi nelle confessioni
passate?
3. Ho fatto
la penitenza che mi è stata imposta? Ho riparato i torti da me fatti? Ho
cercato di mettere in pratica i propositi fatti per emendar la mia vita secondo
il Vangelo?
Alla
luce della parola di Dio, ognuno esamini se stesso.
I. Il
Signore dice: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore"
1. Il mio
cuore è davvero orientato a Dio, e posso dire di amarlo davvero sopra tutte le
cose e con amore di figlio, nell'osservanza fedele dei suoi comandamenti? Mi
lascio troppo assorbire dalle cose temporali? Ed è sempre retta la mia
intenzione nell'agire?
2. È salda
la mia fede in Dio, che nel Figlio suo ha rivolto a noi la sua parola? Ho dato
la mia piena adesione alla dottrina della Chiesa? Ho avuto a cuore la mia
formazione
cristiana, ascoltando la parola di Dio, evitando tutto ciò che può insidiare la
fede? Ho professato sempre con coraggio e senza timore la mia fede in Dio e
nella Chiesa? Ho tenuto a dimostrarmi cristiano nella mia vita privata e
pubblica?
3. Ho
pregato al mattino e alla sera? E la mia preghiera è un vero colloquio cuore a
cuore con Dio, o è solo una vuota pratica esteriore? Ho saputo offrire a Dio le
mie occupazioni, le mie gioie e i miei dolori? Ricorro a lui con fiducia nelle
tentazioni?
4. Ho
riverenza e amore verso il nome santo di Dio, o l'ho offeso con la bestemmia,
col falso giuramento, col nominarlo invano? Sono stato irriverente verso la
Madonna e i Santi?
5. Santifico
il giorno del Signore e le feste della Chiesa, prendendo parte con partecipazione
attiva, attenta e pia alla celebrazione liturgica, e specialmente alla Messa?
Ho osservato il precetto della confessione annuale e della comunione pasquale?
6. Ci sono
per me “ altri dei ", cioè espressioni o cose delle quali mi interesso o
nelle quali ripongo fiducia più che in Dio, per es.: ricchezza, superstizioni,
spiritismo e altre forme di magia?
II. Gesù
dice: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi"
1. Amo
davvero il mio prossimo, oppure abuso dei miei fratelli, servendomi di loro per
i miei interessi e riservando ad essi un trattamento che non vorrei fosse usato
con me? Sono stato ad essi di grave scandalo con le mie parole o le mie azioni?
2. Nella mia famiglia, ho contribuito con la pazienza e con vero amore al bene
e alla gioia degli altri?
Per i singoli componenti della famiglia:
Per i figli. Sono stato obbediente ai
genitori, li ho rispettati e onorati? Ho prestato loro aiuto nelle necessità
spirituali e materiali?
Per i genitori. Mi sono preoccupato
dell'educazione cristiana dei figli? Ho dato loro buon esempio? Li ho sostenuti
e diretti con il mio interessamento e consiglio?
Per i coniugi. Sono stato sempre fedele
negli affetti e nelle azioni? Ho avuto comprensione nei momenti di
inquietudine?
3. So dare
del mio, senza gretto egoismo, a chi è più povero di me? Per quanto dipende da
me, difendo gli oppressi e aiuto i bisognosi? Oppure tratto con sufficienza o
con durezza il mio prossimo, specialmente i poveri, i deboli, i vecchi, gli
emarginati, gli immigrati?
4. Mi rendo
conto della missione che mi è stata affidata? Ho partecipato alle opere di
apostolato e di carità della Chiesa, alle iniziative e alla vita della
parrocchia? Ho pregato e dato il mio contributo per le necessità della Chiesa e
del mondo, per es. per l'unità della Chiesa, per l'evangelizzazione dei popoli,
per l'instaurazione della giustizia e della pace?
5. Mi prendo
a cuore il bene e la prosperità della comunità umana in cui vivo, o mi curo
soltanto dei miei interessi personali? Partecipo, per quanto posso, alle
iniziative che promuovono la giustizia, la pubblica moralità, la concordia, le
opere di beneficenza? Ho compiuto i miei doveri civici? Ho pagato le tasse?
6. Sono
giusto, impegnato, onesto nel lavoro, volenteroso di prestare il mio servizio
per il bene comune? Ho dato la giusta mercede agli operai e a tutti i
sottoposti?
7.Ho
osservato i contratti e tenuto fede alle promesse?
8. Se ho
qualche incarico o svolgo mansioni direttive, bado solo al mio tornaconto o mi
impegno per il bene degli altri, in spirito di servizio?
9. Ho
praticato la verità e la fedeltà, oppure ho arrecato del male al prossimo con
menzogne, calunnie, detrazioni, giudizi temerari, violazione di segreti?
10. Ho
attentato alla vita e all'integrità fisica del prossimo, ne ho offeso l'onore,
ne ho danneggiato i beni? Ho procurato o consigliato l'aborto? Ho serbato odio?
Sono stato rissoso? Ho pronunziato insulti e parole offensive, fomentando
screzi e rancori? Ho colpevolmente ed egoisticamente omesso di testimoniare
l'innocenza del prossimo?
11. Ho
rubato? Ho ingiustamente desiderato la roba d'altri? Ho danneggiato il prossimo
nei suoi averi? Ho restituito quanto ho sottratto e ho riparato i danni
arrecati?
12. Se ho
ricevuto dei torti, mi son dimostrato disposto alla riconciliazione e al
perdono per amore di Cristo, o serbo in cuore odio e desiderio di vendetta?
III.
Cristo Signore dice: "Siate perfetti come il Padre"
1. Qual è
l'orientamento fondamentale della mia vita? Mi faccio animo con la speranza
della vita eterna? Ho cercato di ravvivare la mia vita spirituale con la
preghiera, la lettura e la meditazione della parola di Dio, la partecipazione
ai sacramenti? Ho praticato la mortificazione? Sono stato pronto e deciso a
stroncare i vizi, a soggiogare le passioni e le inclinazioni perverse? Ho
reagito all'invidia, ho dominato la gola? Sono stato presuntuoso e superbo, e
ho preteso di affermare tanto me stesso, da disprezzare gli altri e preferirmi
ad essi? Ho imposto agli altri la mia volontà, conculcando la loro libertà e
trascurando i loro diritti?
2. Che uso
ho fatto del tempo, delle forze, dei doni ricevuti da Dio come i" talenti
del vangelo "? Mi servo di tutti questi mezzi per crescere ogni giorno di
più nella perfezione della vita spirituale? Sono stato inerte e pigro?
3. Ho
sopportato con pazienza i dolori e le prove della vita? Come ho cercato di
praticare la mortificazione, per compiere quello che manca alla passione di
Cristo? Ho osservato la legge del digiuno e dell'astinenza?
4. Ho
conservato puro e casto il mio corpo, pensando che è tempio dello Spirito
Santo, destinato alla risurrezione e alla gloria? Ho custodito i miei sensi e
ho evitato di contaminarmi nello spirito e nel corpo con pensieri e desideri
cattivi, con parole e con azioni indegne? Mi sono permesso letture, discorsi,
spettacoli, divertimenti in contrasto con l'onestà umana e cristiana? Sono
stato di scandalo agli altri con il mio comportamento indecente? Nell'uso del
matrimonio ho rispettato e osservato la legge morale?
5. Ho agito
contro coscienza, per timore o per ipocrisia?
6. Ho
cercato di comportarmi in tutto e sempre nella vera libertà dei figli di Dio e
secondo la
legge dello Spirito, o mi sono lasciato asservire dalle mie passioni?
Mio
Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando
ho meritato i tuoi castighi e ancor più perché ho offeso Te, infinitamente
buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo santo aiuto di
non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore,
misericordia, perdonami.
Il
sacerdote da l’assoluzione:
Dio,
Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e
resurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei
peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace.
E IO TI ASSOLVO DAI TUOI PECCATI NEL NOME DEL PADRE DEL FIGLIO ┼ E DELLO
SPIRITO SANTO.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2013
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA QUARESIMA 2013
BENEDETTO XVI
PER LA QUARESIMA 2013
Credere nella carità suscita carità
«Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16)
«Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16)
Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione della Quaresima, nel contesto dell’Anno della fede, ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e
carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è frutto
dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio
e verso gli altri.
1. La fede come risposta all'amore di Dio.
Già nella mia prima Enciclica ho offerto qualche
elemento per cogliere lo stretto legame tra queste due virtù teologali, la fede
e la carità. Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni:
«Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16),
ricordavo che «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o
una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà
alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci
ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un
”comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene
incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include tutte
le nostre facoltà – alla rivelazione dell'amore gratuito e «appassionato» che
Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio
Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il
riconoscimento del Dio vivente è una via verso l'amore, e il sì della nostra
volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell'atto totalizzante
dell'amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino:
l'amore non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). Da qui deriva
per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori della carità», la
necessità della fede, di quell'«incontro con Dio in Cristo che susciti in loro
l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo
non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una
conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore» (ibid.,
31a). Il cristiano è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò,
mosso da questo amore - «caritas Christi urget nos» (2 Cor 5,14)
–, è aperto in modo profondo e concreto all'amore per il prossimo (cfr ibid.,
33). Tale atteggiamento nasce anzitutto dalla coscienza di essere amati,
perdonati, addirittura serviti dal Signore, che si china a lavare i piedi degli
Apostoli e offre Se stesso sulla croce per attirare l’umanità nell’amore di
Dio.
«La fede ci mostra il Dio che ha dato il suo Figlio
per noi e suscita così in noi la vittoriosa certezza che è proprio vero: Dio è
amore! ... La fede, che prende coscienza
dell'amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto di
Gesù sulla croce, suscita a sua volta l'amore. Esso è la luce – in fondo
l'unica – che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di
vivere e di agire» (ibid., 39). Tutto ciò ci fa capire come il
principale atteggiamento distintivo dei cristiani sia proprio «l'amore fondato
sulla fede e da essa plasmato» (ibid., 7).
2. La carità come vita nella fede
Tutta la vita cristiana è un rispondere all'amore di
Dio. La prima risposta è appunto la fede come accoglienza piena di stupore e
gratitudine di un’inaudita iniziativa divina che ci precede e ci sollecita. E
il «sì» della fede segna l’inizio di una luminosa storia di amicizia con il
Signore, che riempie e dà senso pieno a tutta la nostra esistenza. Dio però non
si accontenta che noi accogliamo il suo amore gratuito. Egli non si limita ad
amarci, ma vuole attiraci a Sé, trasformarci in modo così profondo da portarci
a dire con san Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (cfr Gal
2,20).
Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo
resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore
significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e
come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della
carità» (Gal 5,6) ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12).
La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4);
la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra
nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa
amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del
Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr
Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s);
la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il
frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i
doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt
25,14-30).
3. L'indissolubile intreccio tra fede e carità
Alla luce di quanto detto, risulta chiaro che non
possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù
teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un
contrasto o una «dialettica». Da un lato, infatti, è limitante l'atteggiamento
di chi mette in modo così forte l'accento sulla priorità e la decisività della
fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e
ridurre questa a generico umanitarismo. Dall’altro, però, è altrettanto
limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità,
pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è
necessario rifuggire sia dal fideismo che dall'attivismo moralista.
L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire
il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l'amore e la
forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo
stesso amore di Dio. Nella Sacra Scrittura vediamo come lo zelo degli Apostoli
per l’annuncio del Vangelo che suscita la fede è strettamente legato alla
premura caritatevole riguardo al servizio verso i poveri (cfr At 6,1-4).
Nella Chiesa, contemplazione e azione, simboleggiate in certo qual modo dalle
figure evangeliche delle sorelle Maria e Marta, devono coesistere e integrarsi
(cfr Lc 10,38-42). La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la
vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede (cfr Catechesi all’Udienza generale del 25 aprile 2012). Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla
solidarietà o al semplice aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare
che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio
della Parola». Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il
prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della
Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione
è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come scrive il Servo
di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio, è l'annuncio di Cristo il primo e principale fattore
di sviluppo (cfr n. 16). E’ la verità originaria dell’amore di Dio per noi,
vissuta e annunciata, che apre la nostra esistenza ad accogliere questo amore e
rende possibile lo sviluppo integrale dell’umanità e di ogni uomo (cfr Enc. Caritas in veritate, 8).
In sostanza, tutto parte dall'Amore e tende all'Amore.
L'amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l'annuncio del Vangelo. Se lo
accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino
capace di farci «innamorare dell'Amore», per poi dimorare e crescere in questo
Amore e comunicarlo con gioia agli altri.
A proposito del rapporto tra fede e opere di carità,
un’espressione della Lettera di san Paolo agli Efesini riassume forse
nel modo migliore la loro correlazione: «Per grazia infatti siete salvati
mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle
opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in
Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo»
(2, 8-10). Si percepisce qui che tutta l'iniziativa salvifica viene da Dio,
dalla sua Grazia, dal suo perdono accolto nella fede; ma questa iniziativa,
lungi dal limitare la nostra libertà e la nostra responsabilità, piuttosto le
rende autentiche e le orienta verso le opere della carità. Queste non sono
frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla
stessa fede, sgorgano dalla Grazia che Dio offre in abbondanza. Una fede senza
opere è come un albero senza frutti: queste due virtù si implicano
reciprocamente. La Quaresima ci invita proprio, con le tradizionali indicazioni
per la vita cristiana, ad alimentare la fede attraverso un ascolto più attento
e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, nello
stesso tempo, a crescere nella carità, nell’amore verso Dio e verso il
prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza
e dell’elemosina.
4. Priorità della fede, primato della carità
Come ogni dono di Dio, fede e carità riconducono
all'azione dell'unico e medesimo Spirito Santo (cfr 1 Cor 13), quello
Spirito che in noi grida «Abbà! Padre» (Gal 4,6), e che ci fa dire:
«Gesù è il Signore!» (1 Cor 12,3) e «Maranatha!» (1 Cor 16,22; Ap
22,20).
La fede, dono e risposta, ci fa conoscere la verità di
Cristo come Amore incarnato e crocifisso, piena e perfetta adesione alla
volontà del Padre e infinita misericordia divina verso il prossimo; la fede
radica nel cuore e nella mente la ferma convinzione che proprio questo Amore è
l'unica realtà vittoriosa sul male e sulla morte. La fede ci invita a guardare
al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria
dell'amore di Cristo giunga alla sua pienezza. Da parte sua, la carità ci fa
entrare nell’amore di Dio manifestato in Cristo, ci fa aderire in modo
personale ed esistenziale al donarsi totale e senza riserve di Gesù al Padre e
ai fratelli. Infondendo in noi la carità, lo Spirito Santo ci rende partecipi
della dedizione propria di Gesù: filiale verso Dio e fraterna verso ogni uomo
(cfr Rm 5,5).
Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo
a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e
l'Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l'Eucaristia (sacramentum
caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino
cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina
solo se è coronata da essa. Tutto parte dall'umile accoglienza della fede («il
sapersi amati da Dio»), ma deve giungere alla verità della carità («il saper
amare Dio e il prossimo»), che rimane per sempre, come compimento di tutte le
virtù (cfr 1 Cor 13,13).
Carissimi fratelli e sorelle, in questo tempo di
Quaresima, in cui ci prepariamo a celebrare l’evento della Croce e della
Risurrezione, nel quale l’Amore di Dio ha redento il mondo e illuminato la
storia, auguro a tutti voi di vivere questo tempo prezioso ravvivando la fede
in Gesù Cristo, per entrare nel suo stesso circuito di amore verso il Padre e
verso ogni fratello e sorella che incontriamo nella nostra vita. Per questo
elevo la mia preghiera a Dio, mentre invoco su ciascuno e su ogni comunità la
Benedizione del Signore!
Dal
Vaticano, 15 ottobre 2012
BENEDICTUS PP. XVI
QUARESIMA NELL’ANNO DELLA FEDE
Roma
13 febbraio 2013
Mercoledì
delle Ceneri
ANNO
DELLA FEDE
Con la Quaresima,
entriamo nel cuore della nostra vita liturgica e di fede. Il punto di arrivo
sarà la celebrazione della passione, morte e resurrezione di Gesù. A questo
evento, che viene riattualizzato con la festa della Pasqua dobbiamo prepararci
lasciandoci aiutare dal cammino di fede che la Liturgia ci propone. Non
celebreremo il ricordo della Pasqua, ma vivremo la Pasqua del Signore e la
nostra Pasqua: il nostro passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla
grazia. Per questo motivo, la quaresima, è un tempo in cui siamo invitati a
cercare e trovare Dio, cercare e trovare gli altri, cercare e trovare noi
stessi.
E' tempo di preghiera, è tempo di digiuno,
è tempo di conversione, è tempo di penitenza, è tempo di carità.
Tempo di la preghiera
dunque: dice il Signore: “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera
e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede
nel segreto, ti ricompenserà.” Non dovrebbe passare giorno in cui non abbiamo
trascorso un po' del nostro tempo con Dio. Stare con Lui significa ascoltarlo,
verificare la nostra vita, trovare la forza per operare il bene, invocarlo nei
momenti di smarrimento, ringraziarlo nei momenti di gioia.
Preghiera personale: le occasioni dobbiamo cercarcele, dobbiamo
progettarcele. Saperci fermare e nella turbolenta vita di ogni giorno, saper
stare almeno dieci minuti con Dio.
Sembrano pochi, dieci minuti, ma se non ci
organizziamo, non riusciamo a trovare neppure quelli.
Tutte le settimane, in parrocchia, si potrà trovare un
foglietto in cui viene proposto un piccolo
sussidio di preghiera per ogni giorno. La lettura di un brano della Sacra
Scrittura, una preghiera. Sarà il momento della Preghiera in famiglia. La sera,
quando finalmente si è riuniti, sarà bello ringraziare il Signore per quanto ci
ha dato, e camminare spiritualmente
insieme verso la Celebrazione del Signore Risorto.
Preghiera comunitaria:
deve diventare, in questo periodo, più intensa.
La domenica, giorno
del Signore, scandirà i passi del nostro cammino: la Parola di Dio, che
ascolteremo, ci proporrà gli obiettivi da raggiungere e, il pane eucaristico
che riceveremo, ci sarà di sostegno nel nostro impegno. Sempre, ma soprattutto
in questo periodo, dovremo partecipare alla Messa come ‘Fulcro del Giorno del
Signore’. Molte volte, presi da tanti impegni, da tanti lavori, la tralasciamo.
Il Signore viene sempre dopo tutte le altre cose. Dobbiamo, allora, cercare di
dare una giusta priorità ai valori.
Ogni giorno dal
lunedì al venerdì c’è la possibilità di partecipare alla Messa del mattino alle 8.30 e, la sera, alle 17.30.
Il Venerdì, sarà
un giorno particolare per vivere la nostra quaresima. Alle 17.00, prima della
Messa ci sarà la pratica della Via Crucis con la quale, nella
riflessione e preghiera si ripercorre la strada del dolore che ha vissuto Gesù
nella sua Passione.
%
Nella quinta
settimana di quaresima, verranno proposti tre giorni di esercizi spirituali.
Possiamo già
da ora programmare nella nostra quotidianità questo momento di grazia. Non sarà
difficile, ma occorre impegno per la programmazione e la nostra personale
partecipazione: i giorni saranno
mercoledì 20, giovedì 21 e venerdì 22 marzo. Nell’Anno della Fede
rifletteremo nei singoli tre giorni sul ‘Simbolo’: Io Credo in Dio Padre, Credo
in Gesù Figlio di Dio, Credo nello Spirito Santo.
Verranno
consegnati dalla domenica precedente dei sussidi per la preghiera e la
riflessione personale del mattino. Poi
nel pomeriggio di mercoledì, giovedì e venerdì ci sarà l’incontro comunitario:
alle 17.00
la Via Crucis; alle 17.30 La santa Messa con la Meditazione; seguirà l’Esposizione
Eucaristica con la Celebrazione del Vespro; l’Adorazione e Preghiera personale con
la possibilità della Confessione e alle 19 si concluderà con la
benedizione del Santissimo Sacramento.
Per la Meditazione Il mercoledì la proporrà
Don Giuseppe, il giovedì, don Stefano ed il venerdì a conclusione Mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore
Centro della Diocesi di Roma.
Le occasioni per la
preghiera e la riflessione non mancano: dobbiamo saperle scegliere, secondo
le nostre possibilità, e viverle.
Il mercoledì delle
Ceneri e il Venerdì santo sono giorni
di digiuno, che si estende anche a tutta la Quaresima come ‘stile di vita’.
Il digiuno serve per chiedere a Dio, il dono della nostra conversione: essere
essenziali, rinunciare a quanto è superfluo ed aiutare nella carità chi si
trova in necessità, ci aiuterà a pensare alle nostre scelte e alla possibilità
di conversione.
Ci sono persone che vivono ai limiti della tollerabilità di
una vita decente, anche accanto a noi.
Li abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. Non possiamo dare risposte
definitive, ma qualcosa lo possiamo. Il frutto del nostro digiuno delle nostre scelte lo devolveremo alla Caritas Diocesana. All’entrata della
Chiesa c’è una bussola dove si raccolgono le offerte. Tutto quanto versato in
essa servirà per la ‘Carità’ verso i poveri.
Durante tutto il periodo quaresimale, ogni giovedì dalle 18 alle 19 tutti i sacerdoti impegnati nella
Parrocchia, e se possibile anche altri invitati, saranno disponibili per
celebrare il sacramento della Penitenza:
la Confessione. Il momento
sacramentale in cui il nostro cammino di conversione si incontra in Gesù con la
Misericordia del Padre e trova la forza dello Spirito per vivere nella ‘libertà dei figli di Dio’.
Nell’ultima settimana di febbraio ed eventualmente la prima
di marzo, alcuni sacerdoti del Collegio Internazionale San Carlo, in via del
Corso, faranno la benedizione delle
Famiglie. Io purtroppo per i motivi che ben voi sapete, non riesco proprio:
ma è bello che a nome mio questi sacerdoti portino la benedizione del Signore.
Ci auguriamo di poter
vivere e non subire questa Quaresima nell’Anno della Fede: lasciamo che il
Signore entri nel nostro cuore, nella nostra famiglia, nel nostro Tridente. A Lui che ci dona la Vita, diamo un po’ del
nostro tempo per poter celebrare, in Lui risorto, la nostra Resurrezione.
Don Giuseppe,
parroco
Iscriviti a:
Post (Atom)