Di nobile famiglia, nato a Bucchianico, nelle vicinanze di Chieti, il
25 maggio 1550, Camillo de Lellis fu soldato di ventura. Convertitosi
entrò nell'Ordine dei Cappuccini. Tornò a Roma nell'ospedale di San
Giacomo degli Incurabili, dove si dedicò soprattutto ai malati.
Divenuto sacerdote nel 1584, fondò la «Compagnia dei ministri degli
infermi». L'ordine dei Camilliani si distinse per lo spirito della sua
opera legata alla carità misericordiosa oltre che per l'abito
caratterizzato dalla croce rossa di stoffa sul petto. De Lellis pose le
basi per la figura dell'infermiere e del cappellano quali li vediamo
oggi. Morì a Roma il 14 luglio 1614 e venne canonizzato nel 1746.
Camillo nacque a Bucchianico (Chieti) il 25-5-1550 da un ufficiale
della nobile famiglia de Lellis, al servizio dell'imperatore Carlo V.
Sua madre era sessantenne quando lo diede alla luce. Camillo a tredici
anni ne rimase orfano, motivo per cui crebbe nel più completo abbandono,
in preda alla sua incomposta vivacità, insofferente di disciplina e
riluttante ad ogni sforzo fisico e intellettuale. Nel 1568 si arruolò
con il padre nell'esercito della repubblica di Venezia in lotta contro i
turchi, ma ben presto rimase orfano anche di lui. Privo di risorse, fu
costretto a causa di un'ulcera varicosa al piede, cercare, come
infermiere, delle cure gratuite all'ospedale di San Giacomo degli
Incurabili a Roma. Dopo un mese, però, da quel posto fu allontanato a
causa della sua passione per il gioco.
Camillo, semi-analfabeta, ma di buon cuore, fisicamente era un gigante,
alto quasi due metri. Non gli fu difficile perciò dal 1569 al 1574
prestare servizio al soldo di Venezia contro il sultano Selim II
(+1574), tra rischi e avventure belliche di terra e di mare, in Dalmazia
e in Africa, smanioso più di divertimenti che di gloria militare. Una
dissenteria gl'impedì di prendere parte, sotto il comando di Don
Giovanni D'Austria, alla battaglia di Lepanto (1571) Più volte, in
pericolo di morte, aveva formulato propositi di vita cristiana, ma
quando raggiunse Napoli su galere dirette a Tunisi, dopo una terribile
tempesta, si congedò dalla milizia per abbandonarsi di nuovo ad una vita
di piacere. Nel gioco delle carte perdette tutto quello che possedeva,
persino la camicia.
Per vivere, Camillo dovete mendicare finché non trovò lavoro,
nell'autunno del 1574, come manovale nella costruzione del convento dei
Cappuccini di Manfredonia (Foggia). Dopo vivaci resistenze, si dette
vinto alla grazia; il 2-2-1575, in seguito a una esortazione del P.
Guardiano, Camillo decise di abbracciare la vita cappuccina; lui,
discendente da famiglia nobile, avrebbe atteso ai più umili uffici della
comunità. Ottenne di vestire l'abito, ma dopo qualche mese l'ulcera
varicosa si riaperse. Dovette ritornare a San Giacomo degli Incurabili
dove maturò la sua vocazione all'esercizio della carità (1575-1584).
Rifiutato per lo stesso motivo, una seconda volta, dai Padri Cappuccini,
il santo decise di consacrarsi come infermiere al servizio dei malati
sotto la direziono di S. Filippo Neri (+1595), l'apostolo di Roma. In
lui, dotato di una volontà ferrea, la trasformazione fu progressiva,
inarrestabile. Era molto pio e conduceva un vita estremamente austera.
Il moderatore del suo spirito riusciva a stento a contenerne l'impeto e
l'ardore perché la fatica del quotidiano servizio non lo distoglieva dal
portare il cilicio, una cintura di ferro ai fianchi e dal flagellarsi
frequentemente.
Dopo quattro anni consacrati alla cura dei malati, Camillo fu eletto
economo dell'ospedale a motivo del buon senso, intuito e inesauribile
carità dimostrati specialmente verso i moribondi. La nuova carica gli
diede l'occasione di attuare una riforma completa nella cura dei malati,
come aveva già fatto S. Giovanni di Dio in Spagna (+1550).I Padri
Gesuiti furono felici di affidargli i loro novizi di tirocinio negli
ospedali perché erano sicuri che sarebbero stati da lui ben formati.
Siccome il personale inferiore dell'ospedale era, in generale, reclutato
tra gente rozza e incapace, fin dal 1582 egli pensò di riunire in
un'associazione dei compagni che, come lui, si fossero dedicati
completamente alla cura dei malati. Un primo tentativo fallì per
l'incomprensione dei direttori dell'ospedale. Camillo si convinse allora
che era necessaria una famiglia religiosa indipendente.
Per raggiungere lo scopo era necessario che egli, a trentadue anni, si
rimettesse sui banchi della scuola, frequentasse al Collegio Romano i
corsi di S. Roberto Bellarmino (+1621) e di Francesco Suarez (+1617),
pur continuando a visitare e a curare i malati. Nel 1584 Camillo poté
celebrare la sua prima Messa nella cappellina di Santa Maria Porta del
Paradiso. I direttori lo nominarono cappellano della Madonnina dei
Miracoli ma, contrariamente al parere di S. Filippo e con grande
dispetto dei direttori, egli abbandonò la sua carica di economo e lasciò
l'ospedale.
E' tradizione che Camillo sia stato indotto alla fondazione dalla voce
stessa di Cristo crocifisso, che aveva staccato le mani dalla croce per
tenderle supplichevole a lui. La sua esperienza lo spingeva a rinnovare
il tentativo fallito la prima volta, a fondare cioè una associazione
d'infermieri, che avrebbero concepito la cura dei malati come una
vocazione, e che avrebbero veduto in una comunità religiosa il mezzo per
conservare vivo l'alto ideale della loro professione. L'8-9-1584 egli
ricevette nella sua cappella i primi discepoli che alloggiarono in una
casa delle Botteghe Oscure, e andò a offrire i suo servizi all'ospedale
di Santo Spirito. Ben presto affluirono nuove vocazioni, così che il
18-3-1586 Sisto V approvò la Compagnia di P. Camillo sotto il nome di
Congregazione dei Ministri degli Infermi,
e concesse ai mèmbri di portare cucita sull'abito e sul mantello una
croce di stoffa rossa. Lo stesso anno la Compagnia entrò in possesso
della Casa e della Chiesa della Maddalena in cui, 1'8-12-1591, con
l'erezione in Ordine della sua famiglia religiosa da parte di Gregorio
XIV, Camillo emise, con venticinque compagni, la professione dei tre
voti solenni, ai quali volle aggiungere anche quello di assistere i
malati ancorché appestati. Il fondatore fu eletto prefetto generale.
Siccome però non brillava per le sue qualità di amministratore, una
crisi venne a prodursi in seno all'Ordine. Nel 1607 egli rinunciò alla
carica per attendere all'esercizio della carità e alla propria
santificazione. Aveva lasciato 32.000 scudi di debito.
I malati erano talmente abituati a vedere P. Camillo passare in mezzo
alle corsie che lo consideravano come loro schiavo. Conscio di avere
sposato la loro miseria, a un cardinale che voleva parlargli disse:
"Scusatemi, ho un rimedio urgente da portare". Un eccessivo mal di testa
lo distoglieva dal pregare o dal meditare. Camillo correva allora a
divertirsi coi malati dell'ospedale per il sollievo dei quali consacrò
quarant'anni della sua esistenza. Insaziabile nella sua carità, fu udito
esclamare: "Vorrei avere un cuore grande come il mondo!".
A contatto degli infermi non si alterava neppure quando qualcuno gli
sputava addosso, convinto com'era di servire il Signore nella loro
persona. Un cardinale un giorno andò a chiedere di lui mentre era
intento a consolare un malato. A chi lo avvertì rispose: "Io sono con
Gesù Cristo. Gli parlerò quando avrò finito". La croce rossa di P.
Camillo, oltre che negli ospedali e nelle case private, fece la sua
prima comparsa pure sui campi di battaglia nel 1596 a Strigonia
(Ungheria) al seguito dell'armata di Francesco Aldobrandini.
In anticipo sui tempi, il santo introdusse importanti migliorie nella
maniera di curare i corpi e l'anima dei malati. Egli ottenne che si
avesse riguardo ai bisogni particolari dei malati quanto al cibo e, per
primo, fece metodicamente rispettare questo punto importante negli
ospedali; s'interessò per il reclutamento di infermieri capaci e zelanti
e li fece formare da medici; volle che fossero annotate ed eseguite con
cura le prescrizioni mediche; richiese che gli infermieri rendessero
conto al medico della condizione dei malati. Al posto di stanze strette e
umide, dispose che fossero costruire grandi sale areate e pulite,
facendo riservare una speciale sezione per i convalescenti. A Bocca
della Verità, in Roma, fu costruito sotto la sua direzione un ospedale
capace di 700 letti, e per gli accattoni aprì un asilo notturno.
In tempo di carestie, epidemie, inondazioni, Camillo organizzò soccorsi
di emergenza con immediata intuizione dei bisogni, tecnica perfetta e
larghezza di mezzi, col genio innato e reso soprannaturale dalla carità.
Tormentato da cinque gravi malattie - ulcera varicosa, ernia, due
foruncoli sotto il piede, calcoli e mal di stomaco - che egli chiamava
le cinque misericordie del Signore, si trascinò sempre di letto in letto
per assistere i moribondi e sorvegliare che i malati non mancassero di
niente. Dopo avere intrapreso lunghi viaggi, nonostante gli acciacchi
crescenti, per visitare le case e gli ospedali fondati, morì il
14-7-1614 alla Maddalena dov'è sepolto. Alla sua morte i Camillini erano
242 distribuiti in quindici case per il servizio dei malati di otto
ospedali. Ben 220 suoi religiosi erano già morti nell'assistenza degli
appestati.
Camillo fu beatificato il 7-4-1742 e canonizzato il 29-6-1746 da
Benedetto XIV; proclamato celeste patrono degli infermi e degli ospedali
da Leone XIII nel 1886; protettore degli infermieri da Pio XI nel 1930.