Lettera del Cardinale Vicario
dopo il Convegno Ecclesiale di Firenze - 2015
Carissimi,
come è a tutti noto, dal 9 al 13 novembre scorso, si è tenuto a Firenze
il V° Convegno Ecclesiale Nazionale della Chiesa Italiana. Con i
Vescovi Ausiliari e una delegazione di sacerdoti e laici della nostra
Diocesi ho vissuto quelle giornate in un clima di docile ascolto dello
Spirito, di comunione e di fraterno dialogo e riflessione con i delegati
di tutte le Chiese particolari italiane sul tema “In Gesù Cristo il
nuovo umanesimo”. Il discorso del Santo Padre nel Duomo di Firenze e la
Sua omelia durante la Celebrazione Eucaristica hanno suscitato un grande
entusiasmo e orientato i lavori.
Il senso dell’intervento del
Papa potrebbe essere così riassunto: occorre leggere con rinnovata
attenzione e slancio missionario i segni dei tempi. Non è più il momento
di ragionare come in un’epoca di cristianità, in cui l’adesione alla
fede poteva darsi per scontata. A differenza di alcuni decenni fa,
quando la Chiesa – la Chiesa italiana, e anche la Chiesa di Roma –
poteva contare su un diffuso riconoscimento sociale, ora non è più così.
Questo però può non essere un danno, ma un guadagno (cfr Fil 3,7)! La
Chiesa ha seguito il cammino di spogliamento del Signore (cfr Fil 2,7)
ed essendo più povera è pronta a vivere una stagione di nuova fecondità
pasquale: «Una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in
difensiva per timore di perdere qualcosa». Questa consapevolezza
incoraggia l’audacia di uscire, di mettersi in cammino, di inaugurare
sentieri nuovi, di attivare processi senza avere la presunzione di
controllarli nel dettaglio. In questo modo la Chiesa imiterà Gesù che,
incontrando lungo le strade della Terra Santa la povera gente, era
profondamente commosso (cfr Mc 8,2; Mt 9,36; 14,14; 15,32). Come il suo
Signore e Maestro la comunità cristiana presterà maggiore attenzione ai
poveri, ai fragili, agli esclusi, ai “periferici”, anzi ne assumerà la
testimonianza.
Papa Francesco ci ha invitato a leggere con occhi
nuovi l'Esort. Apost. Evangelii gaudium, incoraggiandoci ad assimilarla
interiormente, affinché penetri sempre di più nella vita delle nostre
parrocchie e le aiuti a vivere la missionarietà come dimensione
essenziale della comunità cristiana, così da rivelare la Chiesa «mamma
dal volto lieto e vicina a tutti i suoi figli».
Questo «sogno»
del Papa per un nuovo umanesimo è stato costantemente ripreso nei lavori
del Convegno, di cui intendo in questa lettera – frutto dell’esperienza
della nostra delegazione - proporvi alcuni punti, che mi paiono come il
“filo rosso” che lega il progetto pastorale diocesano alla riflessione
della Chiesa italiana.
1. Rinnovamento del linguaggio pastorale. È
stata evidenziata fortemente la necessità di un rinnovamento del
linguaggio: nella liturgia, a partire dalle nostre Messe domenicali,
evitando gli eccessi tanto della trasandatezza quanto del formalismo;
nella predicazione (come indicato da E.G.); nell’annuncio, con linguaggi
nuovi e più efficaci, più vicini alla vita della gente, capaci di
raccogliere anche la sfida delle nuove tecnologie (“pastorale digitale”,
è stato detto).
La Chiesa di Roma da tempo lavora in questa direzione: ma occorre insistere di più, con tenacia e convinzione.
2. Formazione. Nei laboratori del Convegno è emersa la necessità di
curare maggiormente la formazione, a tutti i livelli. Anzitutto la
formazione dei sacerdoti, dei diaconi e dei seminaristi (per questi
ultimi avvalendosi anche del contributo delle famiglie, perché possano
comprendere meglio le attese e i bisogni dei laici); poi la formazione
dei consacrati (anche attraverso iniziative tra membri di più istituti);
ma soprattutto la formazione dei laici, con “scuole della Parola” o
analoghe iniziative di cammini di fede, estendendosi poi ad altri
aspetti, come ad es. alla Dottrina sociale della Chiesa, al fine di
favorire una presenza più attiva dei cristiani - particolarmente dei
giovani - nella società. Papa Francesco ha scritto: «Ciascun battezzato,
qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione
della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe
inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da
attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente
recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un
nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati» (E.G, n. 120).
Tutti
hanno concordato nel dichiarare che l’impegno per una maggior
formazione della coscienza cristiana è ormai una priorità ineludibile,
da sviluppare non solo attraverso conferenze di specialisti, ma anche
con esperienze di vita, valorizzando le risorse interne alle comunità,
attivando processi permanenti di auto-formazione, mediante una migliore
interazione fra presbiteri e laici.
Nella nostra Diocesi i corsi di
formazione per catechisti e altri operatori pastorali, avviati da alcuni
anni a livello di Prefettura, sono sicuramente di aiuto in questa
direzione, ma l’esigenza di avere laici ben preparati per essere una
“Chiesa in uscita” ci spinge ad un maggiore sforzo, perché questa azione
formativa diventi capillare.
3. Centralità delle famiglie. Del
Convegno fiorentino mi sta molto a cuore ricordare, in particolare, la
grande attenzione che è stata data alla famiglia, ribadita come centrale
per il futuro della Chiesa e per la società. La nostra Diocesi,
soprattutto in questi ultimi anni, ha tra i suoi obiettivi prioritari la
promozione della pastorale familiare ponendo a tema la trasmissione
della fede alle nuove generazioni. Un pionieristico percorso di
formazione pre- e post-battesimale ci ha fatto concentrare sul ruolo dei
genitori. Importanti poi sono state le conclusioni del Convegno
diocesano di quest’anno.
Più volte ho avuto modo di esprimere
apprezzamento per i passi che stiamo muovendo, ma desidero rinnovare a
tutti l’invito a curare di più le famiglie, in modo particolare quelle
giovani, avendo cura anche di quelle “ferite”, che il recente Sinodo dei
Vescovi ha chiesto di accogliere e far sentire parte viva della
comunità cristiana.
4. Opere di carità. Tra le proposte più
ricorrenti a Firenze, soprattutto in vista del Giubileo, è stato
suggerito di potenziare l’impegno per la testimonianza della
misericordia attraverso «la fede che si rende operosa per mezzo della
carità» (Gal 5,6). In questo campo tante esigenze pastorali dovremmo
incoraggiare e potenziare. Ne ricordo alcune: la cura degli adolescenti a
rischio, del cosiddetto “popolo della notte”, dei poveri e dei
migranti, impegnando ciascun battezzato e le comunità ad attivare
“segni giubilari” permanenti, al livello parrocchiale, di prefettura e
diocesano. Questa attenzione operativa va accostata ad una maggiore
accoglienza e ad un ascolto più empatico di tutti, nessuno escluso. I
due movimenti – accoglienza e annuncio – vanno infatti di pari passo.
5. Sinodalità. Infine, è stato sottolineata molto la dimensione della
sinodalità, cioè del camminare insieme. Lo stile di fraterna
condivisione che ha caratterizzato le giornate fiorentine ha suscitato
in molti nostri delegati il grato ricordo del Sinodo Diocesano e la
lunga preparazione del Giubileo del 2000. Il passaggio dalla
collaborazione dei laici alla loro piena corresponsabilità pastorale –
tema affrontato in Diocesi già alcuni anni or sono – sembra non essersi
ancora pienamente compiuto, e merita un approfondimento. Si chiede anche
una collaborazione più sistematica tra i diversi uffici pastorali
diocesani: grazie a Dio, abbiamo fatto un tratto di strada, ma mi pare
necessario procedere più speditamente, perché laddove il cammino è stato
più intenso i frutti si sono moltiplicati.
Carissimi, il
Giubileo, che oggi il Santo Padre apre ufficialmente, dopo il grande
segno dell’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, è
un’ulteriore tessera del mosaico che la Provvidenza va componendo per
accompagnare la Chiesa a essere sempre più sacramento universale di
salvezza. Un mosaico che per la nostra Chiesa di Roma ha i tratti del
Sinodo e delle tappe segnate dai Convegni diocesani annuali, con i loro
orientamenti e con l’impegno silenzioso e generoso delle comunità che
progressivamente mostrano il volto di una Chiesa che ha a cuore di far
conoscere a tutti Gesù Redentore dell’uomo. È il Signore che guida il
suo popolo nel tempo.
Sentiamoci parte di questo unico corpo,
approfondiamo il senso di appartenenza ecclesiale da cui scaturiscono
l’impegno e la corresponsabilità pastorali. Le esperienze di comunione e
di collaborazione fra Parrocchie, Aggregazioni laicali e Uffici
pastorali del Vicariato e delle Parrocchie all’interno delle Prefetture,
sono essenziali per armonizzare la ricchezza di cui ciascuno, singolo o
comunità, è portatore e annunciare la bellezza del Vangelo.
Con
l’augurio di un Anno Santo ricco di grazie spirituali, vi affido alla
materna protezione della Vergine Maria, Salus Populi Romani. Di cuore
invoco su tutti la benedizione del Signore.
Dal Vicariato, 8 dicembre 2015
Agostino Card. Vallini