martedì 12 aprile 2011

Triduo Pasquale

(Resurrezione del Pomarancio)


Giovedì Santo: Ore 17.30 Messa in Coena Domini. Segno della lavanda dei piedi, reposizione e adorazione del Santissimo Sacramento. La Chiesa rimmarrà aperta per la preghiera fino alle 23.00 c.a.

Venerdì Santo: Ore 17.30 Celebrazione della Passione del Signore: Lettura della Passione, Preghiera universale, Adorazione e Bacio della Croce.

Sabato Santo: Ore 21,00 Inizio della solenne Veglia Pasquale: Benedizione del nuovo fuoco, Liturgia della luce; Liturgia della Parola durante la quale si ripercorre la storia della salvezza; Liturgia battesimale durante la quale Alessandro, un bambino di 9 anni ricevrà il sacramento del Battesimo, Liturgia Eucaristica. (nonci sarà dunque la Messa prefestiva delle 17.30)

Domenica di Resurrezione: Sante Messe al consueto orario festivo: 8.30; 10.30; 11,30; 17.30 e 18.30

Il Signore è veramente Risorto, rallegratevi ed esultate.

Dalle Catechesi di Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle, siamo giunti alla vigilia del Triduo Pasquale. I prossimi tre giorni vengono comunemente chiamati «santi» perché ci fanno rivivere l’evento centrale della nostra Redenzione; ci riconducono infatti al nucleo essenziale della fede cri­stiana: la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Sono giorni che potremmo considerare come un unico giorno: essi costituiscono il cuore ed il fulcro dell’intero anno liturgico come pure della vita della Chiesa. Al termine dell’itinerario quaresimale, ci apprestiamo anche noi ad entrare nel clima stesso che Gesù visse allora a Gerusalemme. Vogliamo ridestare in noi la viva memo­ria delle sofferenze che il Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domeni­ca prossima, «la vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste», come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano.

Il Giovedì Santo, la Chiesa fa memoria dell’Ultima Cena duran­te la quale il Signore, la vigilia della sua passione e morte, ha istituito il Sacra­mento dell’Eucaristia e quello del Sacerdozio ministeriale. In quella stessa notte Gesù ci ha lasciato il comandamento nuo­vo, « mandatum novum », il comandamen­to dell’amore fraterno. Prima di entrare nel Triduo Santo, ma già in stretto collegamento con esso, avrà luogo in ogni comu­nità diocesana, domani mattina, la Messa Crismale, durante la quale il vescovo e i sa­cerdoti del presbiterio diocesano rinnova­no le promesse dell’Ordinazione. Vengono anche benedetti gli olii per la celebrazio­ne dei Sacramenti: l’olio dei catecumeni, l’olio dei malati e il sacro crisma. È un mo­mento quanto mai importante per la vita di ogni comunità diocesana che, raccolta attorno al suo pastore, rinsalda la propria unità e la propria fedeltà a Cristo, unico Sommo ed Eterno Sacerdote. Alla sera, nella Messa in Coena Domini si fa memoria dell’Ultima Cena quando Cristo si è dato a tutti noi come nutrimento di salvezza, come farmaco di immortalità: è il mistero dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. In questo sacramento di salvez­za il Signore ha offerto e realizzato per tut­ti coloro che credono in Lui la più intima unione possibile tra la nostra e la sua vita. Col gesto umile e quanto mai espressivo della lavanda dei piedi, siamo invitati a ri­cordare quanto il Signore fece ai suoi apo­stoli: lavando i loro piedi proclamò in ma­niera concreta il primato dell’amore, a­more che si fa servizio fino al dono di se stessi, anticipando anche così il sacrificio supremo della sua vita che si consumerà il giorno dopo sul Calvario. Secondo una bella tradizione, i fedeli chiudono il Giovedì Santo con una veglia di preghiera e di adorazione eucaristica per rivivere più intimamente l’agonia di Gesù al Getsemani.

Il Venerdì Santo è la giornata che fa me­moria della passione, crocifissione e morte di Gesù. In questo giorno la liturgia della Chiesa non prevede la cele­brazione della Santa Messa, ma l’assemblea cristiana si raccoglie per meditare sul grande mistero del male e del peccato che opprimono l’umanità, per ripercorrere, al­la luce della Parola di Dio e aiutata da commoventi gesti liturgici, le sofferenze del Signore che espiano questo male. Dopo aver ascoltato il racconto della passione di Cristo, la comunità prega per tutte le necessità della Chiesa e del mondo, adora la Croce e si accosta all’Eucaristia, consu­mando le specie conservate dalla Messa in Coena Domini del giorno precedente. Come ulteriore invito a meditare sulla pas­sione e morte del Redentore e per espri­mere l’amore e la partecipazione dei fedeli alle sofferenze di Cristo, la tradizione cri­stiana ha dato vita a varie manifestazioni di pietà popolare, processioni e sacre rappresentazioni, che mirano ad imprimere sempre più profondamente nell’animo dei fedeli sentimenti di vera partecipazione al sacrificio redentivo di Cristo. Fra queste spicca la Via Crucis, pio esercizio che nel corso degli anni si è arricchito di molteplici espressioni spirituali ed artistiche le­gate alla sensibilità delle diverse culture. Sono così sorti in molti Paesi santuari con il nome di «Calvaria», ai quali si giunge attraverso un’erta salita che richiama il cam­mino doloroso della Passione, consentendo ai fedeli di partecipare all’ascesa del Signore verso il Monte della Croce, il Monte dell’Amore spinto fino alla fine.

Il Sabato Santo è segnato da un profondo silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. Mentre attendono il grande evento della Risurrezione, i credenti perseverano con Maria nell’attesa pregando e meditando. C’è bisogno in effetti di un giorno di silenzio, per meditare sulla realtà della vita umana, sulle forze del male e sulla grande forza del bene scaturita dalla Passione e dalla Risurrezione del Signore. Grande im­portanza viene data in questo giorno alla partecipazione al Sacramento della riconciliazione, indispensabile via per purificare il cuore e predisporsi a celebrare intimamente rinnovati la Pasqua. Almeno una volta all’anno abbiamo bisogno di que­sta purificazione interiore di questo rinnovamento di noi stessi. Questo Sabato di silenzio, di meditazione, di perdono, di riconciliazione sfocia nella Veglia Pasquale, che introduce la domenica più importante della storia, la domenica della Pasqua di Cristo. Veglia la Chiesa accanto al nuovo fuoco benedetto e medita la grande promessa, contenuta nell’Antico e nel Nuovo Testamento, della liberazione definitiva dall’antica schiavitù del peccato e della morte. Nel buio della notte viene acceso dal fuoco nuovo il cero pasquale, simbolo di Cristo che risorge glorioso. Cristo luce dell’umanità disperde le tenebre del cuore e dello spirito ed illumina ogni uomo che viene nel mondo. Accanto al cero pa­squale risuona nella Chiesa il grande annuncio pasquale: Cristo è veramente risorto, la morte non ha più alcun potere su di Lui. Con la sua morte Egli ha sconfitto il male per sempre ed ha fatto dono a tutti gli uomini della vita stessa di Dio. Per antica tradizione, durante la Veglia Pasquale, i catecumeni ricevono il Battesimo, per sottolineare la partecipazione dei cristia­ni al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Dalla splendente notte di Pasqua, la gioia, la luce e la pace di Cristo si espandono nella vita dei fedeli di ogni comunità cristiana e raggiungono ogni punto dello spazio e del tempo.

Cari fratelli e sorelle, in questi giorni singolari orientiamo decisamente la vita verso un’adesione generosa e convinta ai disegni del Padre celeste; rinnoviamo il nostro «sì» alla volontà divina come ha fatto Gesù con il sacrificio della croce. I suggestivi riti del Giovedì Santo, del Venerdì Santo, il silenzio ricco di preghiera del Sabato Santo e la solenne Veglia Pasquale ci offrono l’opportunità di ap­profondire il senso e il valore della nostra vocazione cristiana, che scaturisce dal Mistero Pasquale e di concretizzarla nella fedele sequela di Cristo in ogni circostanza, come ha fatto Lui, sino al dono generoso della nostra esistenza.

Far memoria dei misteri di Cristo significa anche vivere in profonda e solidale adesione all’oggi della storia, convinti che quanto celebriamo è realtà viva ed attuale. Portiamo dunque nella nostra preghiera la drammaticità di fatti e situazioni che in questi giorni affliggono tanti nostri fratelli in ogni parte del mondo. Noi sappiamo che l’odio, le divi­sioni, le violenze non hanno mai l’ultima parola negli eventi della storia. Questi giorni rianimano in noi la grande speranza: Cristo crocifisso è risorto e ha vin­to il mondo. L’amore è più forte dell’odio, ha vinto e dobbiamo associarci a questa vittoria dell’amore. Dobbiamo quindi ripartire da Cristo e lavorare in comunione con Lui per un mondo fondato sulla pace, sulla giustizia e sull’amore. In quest’impegno, che tutti ci coinvolge, lasciamoci guidare da Maria, che ha accompagnato il Figlio divino sulla via della passione e della croce e ha partecipato, con la forza della fede, all’attuarsi del suo di­segno salvifico. Con questi sentimenti, formulo fin d’ora i più cordiali auguri di lieta e santa Pasqua a tutti voi, ai vostri cari e alle vostre comunità.

Domenica delle Palme




Le Sante Messe verranno celebrate al consueto orario festivo:
sabato alle 17.30
Domenica alle 8.30; 10.30; 11.30; 17.30 e 18.30
Ad ogni celebrazione verranno benedetti i rami di ulivo che saranno distribuiti esclusivamente durante la Messa. (non saranno a disposizione al di fuori di Esse)





Salendo nostro Signore Gesù Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cfr. Gv 12,12-13) per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d’Israele.

Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d’albero (cfr. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava.
Da qui deriva l’usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d’ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d’ulivo». Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L’ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".
Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando così che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste.
Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13).
Teniamo perciò in mano i rami d’ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassù, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l’affermazione dell’Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).
Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell’alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell’alto dei cieli (cfr. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salvezza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell’alto dei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell’alto dei cieli. Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.