giovedì 25 giugno 2015

CHE FARE?










Di fronte a tante povertà emergenti e radicate, molto spesso ci troviamo inerti. Non sappiamo come reagire come risolvere i tanti problemi di persone che ogni giorno incontriamo. E’ chiaro che vivendo qui in centro io ho più occasioni di vedere povertà di ogni genere: vere, finte, immaginarie, ma come discernere? E poi che cosa fare? Un piccolo aiuto? Una colazione di emergenza?
Certo l’ascolto l’accoglienza è una gran cosa, ma concretamente può risolvere?
Sono tanti interrogativi che mi pongo davanti ai quali rimango senza risposta.
Oggi, dopo avermelo da giorni chiesto, è venuto…. chiamiamolo  ‘Giobbe’ a portarmi una lettera da presentare a Papa Francesco, per chiedere un piccolo aiuto. Anzi, in realtà, mi ha chiesto un foglio ed una penna,  si è messo in Chiesa e l’ha scritta di suo pugno.
Conosco da anni il ‘Giobbe’ , che è una ‘Persona di Strada’ con gravi problemi di salute, di alloggio e personali, senza fissa dimora.
                Viene sovente in Parrocchia, a volte in stato molto ‘critico’. Noi possiamo qualche cosa. Gli stiamo vicino per quel che possiamo con piccoli aiuti, e con l’affetto che merita.
Ma non si riesce a trovare una situazione idonea a volte anche a causa della sua instabilità personale.
La sua lettera mi ha commosso e ancor più interrogato.
“Al Reverendo Sua Eccellenza Padre Francesco,
sono un ragazzo italiano; ho 56 anni e vivo per la strada;  sono ormai tanti anni che vivo questa vita da indigente, da povero. Sono solo con la mia sofferenza quotidiana. Non ho un lavoro, non ho una casa, non ho una famiglia; passo le mie giornate tutte uguali aspettando dalla mattina alla sera che qualcuno si accorga di me e mi venga in soccorso, sperando nella solidarietà degli altri che è sempre minima ai reali bisogni e quotidiani. Nel percorso esistenziale che cammino, ci sono momenti spiacevoli, quando ti senti solo, quando il ricordo di una famiglia che non hai più ti manca; quando la cattiveria nella strada diventa esagerata. Tanto spesso viene voglia di abbandonarsi, di non reagire più, lasciandosi morire: mi appello allora alla ragione, mi avvicino alla Chiesa, trovando conforto nella Comunità religiosa, ma spesso solitudine ed angoscia prendono il sopravvento. Ti senti accerchiato vulnerabile, senza difese e l’unica speranza diventa l’amicizia con Cristo e con il Padre. Spero tanto che venga ascoltato e confido nella Misericordia di un Buon Pastore che si ricordi della sua pecorella smarrita.
Con devozione ringrazio e con tanto affetto mi auguro di essere ascoltato aspettando un abbraccio di solidarietà. Saluto affettuosamente il Santo Padre.
Giobbe”