martedì 24 dicembre 2019

MESSAGGIO DEL PARROCO DI NATALE - NELLA NOTTE DI NATALE



O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, con queste parole abbiamo iniziato la celebrazione in questa Notte di Natale, e, subito dopo abbiamo ascoltato nella prima lettura: Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
La seconda lettura ci ha annunciato: è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini.
Infine nel Vangelo è stato proclamato: Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.
Viene presentato un forte contrasto tra luce e tenebre e la luce ha la meglio sulle tenebre e le illumina.
La luce vera, quella che proviene dal Padre.
La luce vera, non quella degli uomini. O quella che gli uomini vogliono far sembrare tale.
Mi vengono avanti in questo momento le immagini tristi di violenza, di sofferenza, di morte che i mass-media ed i ‘social’ ci propinano quasi quotidianamente: chi grida ha la meglio, si parla senza pensare, si giudica senza guardare, si guarda senza vedere. Non la voce di angeli ma parole senza senso e tanto dolore vissuto nell’indifferenza dei più…
Queste sono le tenebre e per molti la notte è permeata di pianto.
La luce del Signore è portata da chi è chiamato «Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace»;
Il suo non è un dominio fondato sulla paura, ma un regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre e ancora: Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti.
Quale contrasto c'è tra questa luce e la luce della mondanità.
E, nel Natale, noi siamo invitati a cercare questa luce. E, con questa Luce illuminare la nostra vita.
La luce che ci viene proposta è una luce fragile, ha le sembianze di un bambino. Un bambino indifeso che nello stesso tempo difende. Un bambino delicato, ma nello stesso tempo forte. Un bambino che piange, ma che vuol darci sicurezza.
Un bambino che, con la sua venuta, vuole sconvolgere la nostra vita.
In una famiglia ogni volta che nasce un bambino le cose cambino. La vita viene radicalmente cambiata, non si possono avere più le stesse abitudini, gli stessi orari, lo stesso tempo libero.
Tutto va riprogettato, tutto deve ricominciare daccapo.
Questo stesso rinnovamento interiore viene chiesto da questa celebrazione del Natale del Signore.
Un rinnovamento non di un giorno, ma che duri nel tempo.
Ogni giorno, siamo chiamati a far festa con Gesù, e a riprogettarci con lui.
Questo a tutti i livelli. Sia come singole persone che come comunità
Abbiamo detto tante volte che dobbiamo ricominciare daccapo. Ora è il momento favorevole, ora è il momento opportuno per rimboccarci su le maniche e, con entusiasmo, gettarci nell’impegno.
Buttiamo dietro le spalle tutto ciò che ci divide: litigi, pettegolezzi, incomprensioni, scoraggiamenti.
Buttiamo tutto ciò dietro le spalle e, con Lui, che illumina il nostro cammino, ricominciamo.
La nostra storia, che non possiamo cancellare, ci serva come esperienza per poterci riprogettare e costruire sempre più una comunità, se pur piccola, fatta di relazioni, di rapporti umani, di attenzioni, di accoglienza: lasciamoci illuminare dal Signore e da lui facciamoci aprire gli occhi, schiudere le orecchie.
Non succeda più qui, nel nostro rione, nel Tridente, che ci siano persone anziane che muoiono senza che nessuno se ne accorga se non per il cattivo odore che proviene dall’appartamento. Questo è capitato per ben due volte in quest’anno.
Apriamo il nostro cuore al grido della città, al grido di chi non sa parlare o non riesce a parlare, al grido di chi è solo, di chi in ogni modo è povero, soprattutto povero di amore. Facciamoci strumenti in quella tela intessuta fatta di attenzione e solidarietà. Al triste fenomeno della crisi economica vanno aggiunte le dovute considerazioni sulle fragilità umane che affliggono le persone. Vivere, oggi più che mai, è diventato un percorso difficile, che spesso comporta un deficit tra difficoltà da affrontare ed energie fisiche e morali: risorse a volte insufficienti in ogni individuo. La prima conseguenza è il silenzio di chi soffre. Sarà pudore, disperazione, incredulità, sfiducia, e molto altro, ma questo è il primo terreno di impegno. Aiutare a dare voce alla richiesta di aiuto. “Aiutateci ad aiutarvi” dovrebbe essere il primo slogan di chi porge una mano, per non farlo nel vuoto si dovrebbe volgere lo sguardo itorno a noi con maggiore sensibilità. Dovremmo lasciare che le vite degli altri ci coinvolgano. Così si potranno leggere le domande inespresse e rendere visibile la nostra disponibilità e la nostra presenza attiva.
E’ per tutti un invito ad essere luci nel buio, nuovi sensori, energie che si possono e si devono moltiplicare: ognuno di noi sia “la mano che aiuta”.
È questo il Regno del Signore e nel suo regno c’è posto per tutti. E, se non ci buttiamo dentro, il nostro posto rimane vuoto: non lo potrà occupare nessun altro.
Auguri, allora a tutti.
Che il Signore possa illuminare il nostro cammino e donare a ciascuno di noi quella serenità, forza e pace che nello sguardo del ‘bambino’ di Betlemme, possiamo trovare.
Don Giuseppe