lunedì 18 luglio 2016

SAN GIACOMO Tradizioni successive









Una tradizione tardiva, ma fortemente consolidata nel medioevo cristiano, ha visto in Giacomo il Maggiore il primo evangelizzatore della Spagna (elemento giudicato "con molte difficoltà" da Camerlynck, "poco credibile" da Cipriani). Vi si sarebbe recato prima del suo martirio a Gerusalemme, e a Saragozza gli sarebbe apparsa la Madonna attorno all'anno 40 (cf. il santuario di Nostra Signora del Pilar).

Secondo una leggenda che risale a metà del IX secolo, attribuita a Isidoro di Siviglia,[9] Giacomo avrebbe evangelizzato la Spagna per poi tornare a Gerusalemme ed essere decapitato, per poi essere il suo corpo traslato in marmarica (attuale Libia).

Similmente anche la tardiva (1250-1300) Legenda Aurea[10] afferma che, dopo l'ascensione di Gesù, Giacomo evangelizzò la Giudea e la Samaria per poi recarsi in Spagna, quindi tornò in Giudea dove ebbe una diatriba con un mago di nome Ermogene e fu decapitato, e infine i suoi discepoli trafugarono il suo corpo e riuscirono a portarlo sulle coste della Galizia.

Secondo una tradizione fondata sul documento Concordia de Antealtares,[11] datato al 1077 e redatto dal vescovo di Santiago Diego Peláez, il sepolcro di san Giacomo sarebbe stato scoperto nell'anno 830 dall'anacoreta Pelagio (spagnolo Pelayo) in seguito ad una visione luminosa. Il vescovo Teodomiro, avvisato di tale prodigio, giunse sul posto e scoprì i resti dell'Apostolo. Dopo questo evento miracoloso il luogo venne denominato campus stellae ("campo della stella") dal quale deriva l'attuale nome di Santiago de Compostela, che è il capoluogo della Galizia (Spagna). Eventi miracolosi segnarono la scoperta dell'apostolo, come la sua apparizione alla guida delle truppe cristiane della reconquista nell'840, durante la battaglia di Clavijo ed in altre imprese belliche successive. La tomba di Giacomo divenne meta di grandi pellegrinaggi medievali, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago), e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata.

domenica 17 luglio 2016

SAN GIACOMO


Il nome ebraico יעקב (Yaʿăqōbh)[2] è proprio del patriarca Giacobbe. L'etimologia offerta da Gen 25,26 riconduce il nome al termine עקב (ʿaqèv), "calcagno". In greco diventa Ἰάκωβος, Iákobos.
Nella Palestina dell'epoca di Gesù il nome era relativamente poco frequente (1,5%); nel Nuovo Testamento è portato, oltre che dall'apostolo Giacomo il Maggiore, anche da Giacomo il Minore e da suo nonno (nella forma Ἰάκώβ, Iákób, Mt 1,16).
Il corrispettivo latino è Iacobus, da cui le forme derivate italiane Giacomo, Jacopo e Lapo. In spagnolo il nome dell'apostolo è diventato Santiago, da cui il portoghese Tiago, da cui lo spagnolo Diego.
Data e luogo di nascita dell'apostolo non sono esplicitamente riferiti da nessuna fonte. Il ruolo di discepolo alla sequela di Gesù (nato 7-6 a.C.) lascia verosimilmente pensare a un'età minore rispetto a quella del Maestro, dunque con nascita attorno all'inizio dell'era cristiana (ca. 1 d.C.). Anche il luogo di nascita e residenza è taciuto, ma può essere ipotizzato in Betsàida, cittadina sul mare di Galilea dove vivevano anche Andrea e Pietro (Gv 1,44), quest'ultimo detto "socio" di Giacomo e suo fratello (Lc 5,10).
Quanto alla famiglia, diversi passi neotestamentari lo indicano come fratello dell'apostolo Giovanni e figlio di Zebedeo (Mt 4,21; 10,2; 17,1; Mc 1,19; 3,17; 10,35; Lc 5,10; At 12,2). Il fatto che nelle liste stereotipate degli apostoli nei sinottici (ma non negli Atti) Giovanni segua Giacomo, o che quest'ultimo venga spesso indicato come "figlio di Zebedeo", mentre Giovanni sia indicato come suo fratello, può lasciare concludere che Giacomo fosse il fratello maggiore.
Il nome della madre non è mai esplicitamente indicato. Il confronto parallelo dei passi evangelici circa le donne presenti alla crocifissione di Gesù ha portato la tradizione a identificare la Salomè di cui a Mc 15,40 con "la madre dei figli di Zebedeo" menzionata in Mt 27,56. Lo stesso confronto parallelo ammette la possibilità, pressoché assente nella tradizione cristiana ma timidamente ammessa da alcuni esegeti, di identificare la "sorella di sua [di Gesù] madre" (Gv 19,25) con Salomè (Mc) e con "la madre dei figli di Zebedeo" (Mt), identificazione che farebbe di Giacomo e Giovanni cugini di Gesù.
Nei passi del Nuovo Testamento e nelle tradizioni successive non vi sono indicazioni se fosse sposato (come plausibile secondo la prassi ebraica) o meno.
Giacomo e Giovanni erano pescatori insieme al padre sul lago di Tiberiade (Mt 4,21; Mc 1,19), ed erano soci di Simone e di suo fratello Andrea (Lc 5,10), forse in una sorta di cooperativa. La condizione economica della famiglia doveva essere buona: avevano garzoni che lavoravano per loro (Mc 1,20);
La vocazione di Giacomo è descritta con termini simili dai tre vangeli sinottici (Mt 4,21-22; Mc 1,19-20; cfr. Lc 5,10-11), assieme alla chiamata di Giovanni, Pietro e Andrea: all'inizio del suo ministero (28 d.C.) Gesù, passando presso il mare di Galilea (verosimilmente a Betsàida), invita i pescatori a seguirlo, e i primi apostoli obbedirono. Mt e Mc precisano che al momento della chiamata Giacomo e Giovanni "riparavano le loro reti".
Quando poi Gesù costituisce il gruppo dei dodici, "perché stessero con lui e per mandarli a predicare" (Mc 3,14), e ne pone a capo Simon Pietro, Giacomo viene menzionato al secondo posto in Mc 3,17; occupa invece il terzo posto, preceduto da Andrea, in Mt 10,2 e in Lc 6,14, e sempre il terzo posto, ma preceduto da Giovanni, in At 1,13; nelle tre liste sinottiche dei dodici Giovanni segue sempre immediatamente Giacomo.
Con Giovanni, Giacomo è da Gesù soprannominato Boanèrghes, espressione aramaica che significa "figli del tuono" (Mc 3,17); l'appellativo sarebbe riferito allo zelo impetuoso che essi manifestavano (cfr. Lc 9,54).
Con Pietro e Giovanni appartiene la cerchia degli apostoli più vicini a Gesù:
presenzia alla resurrezione della figlia di Giairo (Mc 5,37; Lc 8,51);
è testimone della trasfigurazione (Mt 17,1; Mc 9,2; Lc 9,28);
è più vicino a Gesù nell'agonia al Getsemani (Mt 26,37; Mc 14,33).
Insieme ai dodici segue comunque da vicino il Maestro in tutta la sua vita pubblica (cfr. Mc 1,29; 13,3).
Giacomo e suo fratello Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel suo Regno (Mc 10,35-37; cfr. Mt 20,21 dove la richiesta è posta dalla loro madre).
Negli Atti viene nominato solo nella lista iniziale degli undici (1,13).
La morte di Giacomo è sobriamente descritta negli Atti degli Apostoli: "In quel tempo il re Erode (Agrippa I) cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni" (12,2), verso il 42: è il primo apostolo a morire martire.
Clemente Alessandrino narra che mentre si recava al luogo del martirio avrebbe convertito il suo accompagnatore, che sarebbe morto decapitato con lui.

Messa per Carlotta

Oggi è l'anniversario della Morte di Carlotta Nobile; l'altro ieri abbiamo celebrato, assieme alla famiglia, amici e conoscenti, una Messa per lei nella nostra Chiesa. Nel dolore, che certo non manca, c'è una Luce che squarcia il buio. E da questa luce noi siamo tutti inondati.



mercoledì 13 luglio 2016

I NOSTRI SANTI SAN CAMILLO DE LELLIS


Di nobile famiglia, nato a Bucchianico, nelle vicinanze di Chieti, il 25 maggio 1550, Camillo de Lellis fu soldato di ventura. Convertitosi entrò nell'Ordine dei Cappuccini. Tornò a Roma nell'ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove si dedicò soprattutto ai malati.
Divenuto sacerdote nel 1584, fondò la «Compagnia dei ministri degli infermi». L'ordine dei Camilliani si distinse per lo spirito della sua opera legata alla carità misericordiosa oltre che per l'abito caratterizzato dalla croce rossa di stoffa sul petto. De Lellis pose le basi per la figura dell'infermiere e del cappellano quali li vediamo oggi. Morì a Roma il 14 luglio 1614 e venne canonizzato nel 1746.


Camillo nacque a Bucchianico (Chieti) il 25-5-1550 da un ufficiale della nobile famiglia de Lellis, al servizio dell'imperatore Carlo V. Sua madre era sessantenne quando lo diede alla luce. Camillo a tredici anni ne rimase orfano, motivo per cui crebbe nel più completo abbandono, in preda alla sua incomposta vivacità, insofferente di disciplina e riluttante ad ogni sforzo fisico e intellettuale. Nel 1568 si arruolò con il padre nell'esercito della repubblica di Venezia in lotta contro i turchi, ma ben presto rimase orfano anche di lui. Privo di risorse, fu costretto a causa di un'ulcera varicosa al piede, cercare, come infermiere, delle cure gratuite all'ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma. Dopo un mese, però, da quel posto fu allontanato a causa della sua passione per il gioco.
Camillo, semi-analfabeta, ma di buon cuore, fisicamente era un gigante, alto quasi due metri. Non gli fu difficile perciò dal 1569 al 1574 prestare servizio al soldo di Venezia contro il sultano Selim II (+1574), tra rischi e avventure belliche di terra e di mare, in Dalmazia e in Africa, smanioso più di divertimenti che di gloria militare. Una dissenteria gl'impedì di prendere parte, sotto il comando di Don Giovanni D'Austria, alla battaglia di Lepanto (1571) Più volte, in pericolo di morte, aveva formulato propositi di vita cristiana, ma quando raggiunse Napoli su galere dirette a Tunisi, dopo una terribile tempesta, si congedò dalla milizia per abbandonarsi di nuovo ad una vita di piacere. Nel gioco delle carte perdette tutto quello che possedeva, persino la camicia.
Per vivere, Camillo dovete mendicare finché non trovò lavoro, nell'autunno del 1574, come manovale nella costruzione del convento dei Cappuccini di Manfredonia (Foggia). Dopo vivaci resistenze, si dette vinto alla grazia; il 2-2-1575, in seguito a una esortazione del P. Guardiano, Camillo decise di abbracciare la vita cappuccina; lui, discendente da famiglia nobile, avrebbe atteso ai più umili uffici della comunità. Ottenne di vestire l'abito, ma dopo qualche mese l'ulcera varicosa si riaperse. Dovette ritornare a San Giacomo degli Incurabili dove maturò la sua vocazione all'esercizio della carità (1575-1584). Rifiutato per lo stesso motivo, una seconda volta, dai Padri Cappuccini, il santo decise di consacrarsi come infermiere al servizio dei malati sotto la direziono di S. Filippo Neri (+1595), l'apostolo di Roma. In lui, dotato di una volontà ferrea, la trasformazione fu progressiva, inarrestabile. Era molto pio e conduceva un vita estremamente austera. Il moderatore del suo spirito riusciva a stento a contenerne l'impeto e l'ardore perché la fatica del quotidiano servizio non lo distoglieva dal portare il cilicio, una cintura di ferro ai fianchi e dal flagellarsi frequentemente.
Dopo quattro anni consacrati alla cura dei malati, Camillo fu eletto economo dell'ospedale a motivo del buon senso, intuito e inesauribile carità dimostrati specialmente verso i moribondi. La nuova carica gli diede l'occasione di attuare una riforma completa nella cura dei malati, come aveva già fatto S. Giovanni di Dio in Spagna (+1550).I Padri Gesuiti furono felici di affidargli i loro novizi di tirocinio negli ospedali perché erano sicuri che sarebbero stati da lui ben formati. Siccome il personale inferiore dell'ospedale era, in generale, reclutato tra gente rozza e incapace, fin dal 1582 egli pensò di riunire in un'associazione dei compagni che, come lui, si fossero dedicati completamente alla cura dei malati. Un primo tentativo fallì per l'incomprensione dei direttori dell'ospedale. Camillo si convinse allora che era necessaria una famiglia religiosa indipendente.
Per raggiungere lo scopo era necessario che egli, a trentadue anni, si rimettesse sui banchi della scuola, frequentasse al Collegio Romano i corsi di S. Roberto Bellarmino (+1621) e di Francesco Suarez (+1617), pur continuando a visitare e a curare i malati. Nel 1584 Camillo poté celebrare la sua prima Messa nella cappellina di Santa Maria Porta del Paradiso. I direttori lo nominarono cappellano della Madonnina dei Miracoli ma, contrariamente al parere di S. Filippo e con grande dispetto dei direttori, egli abbandonò la sua carica di economo e lasciò l'ospedale.
E' tradizione che Camillo sia stato indotto alla fondazione dalla voce stessa di Cristo crocifisso, che aveva staccato le mani dalla croce per tenderle supplichevole a lui. La sua esperienza lo spingeva a rinnovare il tentativo fallito la prima volta, a fondare cioè una associazione d'infermieri, che avrebbero concepito la cura dei malati come una vocazione, e che avrebbero veduto in una comunità religiosa il mezzo per conservare vivo l'alto ideale della loro professione. L'8-9-1584 egli ricevette nella sua cappella i primi discepoli che alloggiarono in una casa delle Botteghe Oscure, e andò a offrire i suo servizi all'ospedale di Santo Spirito. Ben presto affluirono nuove vocazioni, così che il 18-3-1586 Sisto V approvò la Compagnia di P. Camillo sotto il nome di Congregazione dei Ministri degli Infermi, e concesse ai mèmbri di portare cucita sull'abito e sul mantello una croce di stoffa rossa. Lo stesso anno la Compagnia entrò in possesso della Casa e della Chiesa della Maddalena in cui, 1'8-12-1591, con l'erezione in Ordine della sua famiglia religiosa da parte di Gregorio XIV, Camillo emise, con venticinque compagni, la professione dei tre voti solenni, ai quali volle aggiungere anche quello di assistere i malati ancorché appestati. Il fondatore fu eletto prefetto generale. Siccome però non brillava per le sue qualità di amministratore, una crisi venne a prodursi in seno all'Ordine. Nel 1607 egli rinunciò alla carica per attendere all'esercizio della carità e alla propria santificazione. Aveva lasciato 32.000 scudi di debito.
I malati erano talmente abituati a vedere P. Camillo passare in mezzo alle corsie che lo consideravano come loro schiavo. Conscio di avere sposato la loro miseria, a un cardinale che voleva parlargli disse: "Scusatemi, ho un rimedio urgente da portare". Un eccessivo mal di testa lo distoglieva dal pregare o dal meditare. Camillo correva allora a divertirsi coi malati dell'ospedale per il sollievo dei quali consacrò quarant'anni della sua esistenza. Insaziabile nella sua carità, fu udito esclamare: "Vorrei avere un cuore grande come il mondo!".
A contatto degli infermi non si alterava neppure quando qualcuno gli sputava addosso, convinto com'era di servire il Signore nella loro persona. Un cardinale un giorno andò a chiedere di lui mentre era intento a consolare un malato. A chi lo avvertì rispose: "Io sono con Gesù Cristo. Gli parlerò quando avrò finito". La croce rossa di P. Camillo, oltre che negli ospedali e nelle case private, fece la sua prima comparsa pure sui campi di battaglia nel 1596 a Strigonia (Ungheria) al seguito dell'armata di Francesco Aldobrandini.
In anticipo sui tempi, il santo introdusse importanti migliorie nella maniera di curare i corpi e l'anima dei malati. Egli ottenne che si avesse riguardo ai bisogni particolari dei malati quanto al cibo e, per primo, fece metodicamente rispettare questo punto importante negli ospedali; s'interessò per il reclutamento di infermieri capaci e zelanti e li fece formare da medici; volle che fossero annotate ed eseguite con cura le prescrizioni mediche; richiese che gli infermieri rendessero conto al medico della condizione dei malati. Al posto di stanze strette e umide, dispose che fossero costruire grandi sale areate e pulite, facendo riservare una speciale sezione per i convalescenti. A Bocca della Verità, in Roma, fu costruito sotto la sua direzione un ospedale capace di 700 letti, e per gli accattoni aprì un asilo notturno.
In tempo di carestie, epidemie, inondazioni, Camillo organizzò soccorsi di emergenza con immediata intuizione dei bisogni, tecnica perfetta e larghezza di mezzi, col genio innato e reso soprannaturale dalla carità.
Tormentato da cinque gravi malattie - ulcera varicosa, ernia, due foruncoli sotto il piede, calcoli e mal di stomaco - che egli chiamava le cinque misericordie del Signore, si trascinò sempre di letto in letto per assistere i moribondi e sorvegliare che i malati non mancassero di niente. Dopo avere intrapreso lunghi viaggi, nonostante gli acciacchi crescenti, per visitare le case e gli ospedali fondati, morì il 14-7-1614 alla Maddalena dov'è sepolto. Alla sua morte i Camillini erano 242 distribuiti in quindici case per il servizio dei malati di otto ospedali. Ben 220 suoi religiosi erano già morti nell'assistenza degli appestati.
Camillo fu beatificato il 7-4-1742 e canonizzato il 29-6-1746 da Benedetto XIV; proclamato celeste patrono degli infermi e degli ospedali da Leone XIII nel 1886; protettore degli infermieri da Pio XI nel 1930.

martedì 12 luglio 2016

Musica & Liturgia per la Festa di San Giacomo

http://www.musicaimmagine.it/feste_musicali_jacopee_interna.php?id=5

DUE SETTIMANE ALLA FESTA


Giacomo nel Nuovo Testamento

Matteo 4:21: Passato oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, i quali nella barca con Zebedeo, loro padre, rassettavano le reti; e li chiamò.
Matteo 10:2: I nomi dei dodici apostoli sono questi:
il primo, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello;
Matteo 17:1: La trasfigurazione =(Mc 9:2-13; Lc 9:28-36; 2P 1:16-18) Ap 1:12-18
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte.
Marco 1:19: Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti;
Marco 1:29: Gesù guarisce la suocera di Pietro =(Mt 8:14-15; Lu 4:38-39)
Appena usciti dalla sinagoga, andarono con Giacomo e Giovanni in casa di Simone e di Andrea.
Marco 3:17: Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome Boanerges, che vuol dire figli del tuono;
Marco 5:37: E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Marco 9:2: La trasfigurazione =(Mt 17:1-13; Lu 9:28-36) 2P 1:16-18
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e li condusse soli, in disparte, sopra un alto monte. E fu trasfigurato in loro presenza;
Marco 10:35: Risposta di Gesù alla domanda di Giacomo e di Giovanni =Mt 20:20-28 (Lu 22:24-27; Gv 13:3-17)
Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: «Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».
Marco 10:41: I dieci, udito ciò, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni.
Marco 13:3: Poi, mentre era seduto sul monte degli Ulivi di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte:
Marco 14:33: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato.
Luca 5:10: e così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Allora Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
Luca 6:14: Simone, che chiamò anche Pietro, e suo fratello Andrea; Giacomo e Giovanni; Filippo e Bartolomeo;
Luca 8:51: Arrivato alla casa, non permise a nessuno di entrare con lui all'infuori di Pietro, Giovanni, Giacomo, il padre e la madre della bambina.
Luca 9:28: La trasfigurazione =(Mt 17:1-9; Mc 9:2-10; 2P 1:16-18) Ap 1:13-18
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare.
Luca 9:54: Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?»
Atti 1:13: Quando furono entrati, salirono nella sala di sopra dove di consueto si trattenevano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d'Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo.
Atti 12:2: e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni.

martedì 5 luglio 2016

Dedicazione

Ieri abbiamo celebrato la festa della Dedicazione della nostra Chiesa il suo compleanno, testimoniato da una lapide posta in un corridoio. Poco tempo prima sempre nel 1602 nel mese di febbraio era morto ed ivi sepolto il Cardinal Antonio Maria Salviati che fece costruire l'ospedale con la grande Chiesa.
Sulla lapide, ad occhio c'è scritto:
NELL'ANNO DEL SIGNORE 1602 NEL GIORNO 2 DEL MESE DI LUGLIO, ESSENDO POTEFICE IL PAPA CLEMENTE VIII IO FIOVANNI STEFANO FERRIO VESCOVO, CONSACRAI SOLENNEMENTE LA CHIESA E QUESTO ALTARE IN ONORE DELL'APOSTOLO GIACOMO E DEPONENDO LE RELIQUIE DEI MARTIRI ZENONE E COMPAGNI PER LA VENERAZIONE DEI FEDELI. SI CONCEDE NELL'ANNIVERSARIO L'INDULGENZA NELLE FORMA PREVISTA. CARDINALE DIACONO ALDO RANDINO PROTETTORE DI SAN NICOLA IN CARCERE.
Come dicevo ho tradotto ad occhio anche perchè per le lapidi ci sono abbreviazioni che non conosco. Se ci fosse qualche latinista che mi traducesse in


maniera corretta sarei ben felice.

Madonna del Perpetuo Soccorso

Giorni fa è venuto a trovarmi S.E. Sig. CARL-HENRI GUITEAU
Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario dell' Ambasciata della Repubblica di Haiti presso la Santa Sede.
Mi ha invitato alla festa che oggi la Comunità romana di Haiti ha reso alla Madonna del Perpetuo Soccorso, Patrona dello Stato presso la Chiesa di Sant'Alfonso in via Merulana.
Sono andato per il legame che la nostra parrocchia ha con il Cardinale Titolare.
Nostra Madre del Perpetuo Soccorso è una icona di scuola cretese oggi presente nella chiesa di Sant'Alfonso all'Esquilino a Roma. Il quadro venne donata ai redentoristi da papa Pio IX nel 1866.
STORIA
La tradizione popolare narra che l'icona venne rubata in una chiesa dell'isola di Creta da un mercante, che tenta di trafugarla a Roma, durante il viaggio la nave fece naufragio, ma tutti gli occupanti si salvarono, questo venne interpretato come un gesto miracoloso. Il mercante custodì in casa l'immagine a in punto di morte chiese ad un amico di riportala in una chiesa, egli non esegui le volontà del morente e si tenne in casa l'immagine.
Alla morte di quest'ultimo, Maria apparve in sogno alla figlia e gli chiese di essere portata in una chiesa, tra le basiliche di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni in Laterano, dopo molte insistenze della figlioletta la madre la consegnò alla chiesa di San Matteo il 27 marzo del 1499 e li restò per trecento anni oggetto di molta venerazione. Questa chiesa venne distrutta dalle truppe napoleoniche nel 1798, ma l'immagine venne salvata e trasferita nella chiesa di Santa Maria in Posterula, sempre a Roma e lì posta in un angolo della stessa.
La congregazione dei redentoristi acquistò a metà dell'Ottocento un sedime per edificarvi la sua casa madre a Roma, nell'area di questo sedime vi erano le rovine della chiesa di San Matteo, che era rimasta famosa per la sua icona. Fu un giovane seminarista che seppe indicare ai superiori dove si trovava la Madonna, egli infatti quando era chierichetto da padre Michele Marchi venne informato che quella immagine, in quel momento quasi abbandonata, era stata molto venerata in passato. I redentoristi chiesero al Pontefice di poter rientrare in possesso dell'icona che un tempo era venerata in quel luogo, cosa che avvenne nel 1866.
Da allora migliaia di copie dell'immagine sono state riprodotte su iniziativa della congregazione missionaria ad uso dei credenti di varie parti del mondo.
HAITI
Haiti è sempre stata sotto la protezione della Vergine Maria, della Madonna del Perpetuo Soccorso. Il Paese è stato consacrato negli anni Quaranta e i Vescovi hanno rinnovato questa consacrazione negli anni Novanta. "La madre, nella nostra cultura, è molto, molto importante. In molte famiglie haitiane, anche tra le famiglie di diritto civile, la madre è tutto. L’economia del Paese è retta dalle donne. Se un haitiano vede qualcosa di sbagliato dice: “bonjour maman”, buongiorno mamma. La madre è fondamentale in questa cultura. L’haitiano va sempre dalla madre perché la madre comprende. La madre, anche se è matta, aiuterà sempre. Sarà sempre presente. Il padre è quello che va in giro, ma la madre è sempre presente. Quando hanno bisogno di qualcosa vanno dalla madre. Lei sta lì per loro."
Monsignor Lafontant ( Vescovo di Haiti)

Matrimonio

Cara Giovanni e Arianna Sacchetti hanno celebrato il loro Matrimonio durante la messa comunitaria di Domenica 12 giugno alle 17.30. La nostra famiglia parrocchiale si unisce nella preghiera ed augura ai novelli sposi una felice vita coniugale
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Nuovo Vescovo Ausiliare

Il cardinale vicario Agostino Vallini ha conferito ieri pomeriggio l’ordinazione episcopale a monsignor Gianrico Ruzza, nuovo vescovo ausiliare per il nostro settore, il Centro, titolare della sede di Subaugusta. La celebrazione si è tenuta nella basilica di San Giovanni in Laterano. Conconsacranti il vicegerente di Roma, l’arcivescovo Filippo Iannone, e il vescovo ausiliare Guerino Di Tora. La Messa è stata animata dal Coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina. Monsignor Mario Pangallo, prefetto degli studi del Pontificio Seminario Romano Maggiore, e don Paolo Ricciardi sono i due sacerdoti assistenti che hanno presentato il vescovo eletto all’ordinante principale. sono stato lieto di poter essere presente e portare l'affetto di tutta la nostra comunità. al nostro Vescovo ausiliare i nostri più sentiti aguri e preghiere.


Sulle tracce di Carlotta

Violinista, studentessa universitaria, scrittrice, critica d’arte. Carlotta Nobile era tutto questo, ma anche una giovane donna uccisa da un cancro a soli 24 anni. La vita…
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