venerdì 29 marzo 2013

Ho pranzato con il Papa







Che dire?
A volte la realtà supera di gran lungo la fantasia ed il desiderio.
L’altra sera ho ricevuto una telefonata da un mio carissimo amico: il direttore della Caritas Diocesana. Vedendo sul display del cellulare il suo nome, rispondendo e senza neppure lasciarlo parlare, dico:”Viva Papa Francesco”. E lui replicando mi dice: “Ecco, appunto, Papa Francesco domani ti invita a pranzo!”
E, tra il mio stupore, meraviglia, sbigottimento, e gioia ci siamo dati appuntamento per ieri mattina alle 12.30 a Porta sant’Anna.
Io puntualissimo e anche don Enrico, il direttore della Caritas. Piano, piano si andava componendo il puzzle della ‘situazione’. Ieri era Giovedì Santo. Per tradizione i sacerdoti condividono in fraternità il pranzo. Il sottosegretario di Stato, Mons. Angelo Becciu, dopo la ‘Messa Crismatis’, ha voluto invitare nel suo appartamento Papa Francesco insieme ad un gruppo di sacerdoti. Sette preti romani. Gli ha voluto dare l’opportunità di essere Vescovo anche in questa circostanza.
Quando il gruppo si è formato. Siamo stati accompagnati dalle guardie svizzere presso il suo appartamento nel Palazzo apostolico.
In una saletta, abbiamo atteso qualche minuto il papa. Non sapevo chi fosse stato invitato né il perché. Ma conoscevo bene tutti i sacerdoti: Don Enrico, che ora è direttore della Caritas, e che mi conosce dall’età di 13 anni; don Mario, ora parroco,è stato tanti anni prete operaio; don Petrosino, salesiano che ha svolto e svolge ancora la sua attività con i giovani a Pontemammolo, luogo della mia infanzia; don Maurizio, salesiano, che faceva parte del primo gruppo di ragazzi che io ‘animavo’ quando avevo 21 anni; Don Marco che io ho conosciuto quando aveva 17 anni ed io ero suo Assistente in seminario ed ora è Parroco a san Saturnino; don  Angelino, che con me ha studiato al seminario Romano ed ora è Parroco a San Marco e segue spiritualmente oltre 100 sacerdoti. Senza saperlo mi ero reso conto che tutti con me avevano condiviso un pezzo di storia della mia vita.
Eravamo tutti un po’ impacciati. Forse meravigliati di stare lì. In fondo stavamo aspettando il Papa. Quel Papa che io tanto avrei voluto vedere, anche da lontano, in una celebrazione, ma che le mie condizioni fisiche me lo avevano impedito.
Mons. Becciu ci ha rassicurato. Ci ha confermato quanto tutti abbiamo percepito dalle prime parole di Francesco la sera della sua Elezione, circa la sua semplicità.
Un breve saluto al suo arrivo. Una stretta di mano, prima conoscenza, foto di rito e quindi a tavola.
E lì è iniziato il nostro pasto conviviale. Tutto si è svolto con estrema semplicità, nello stile che Francesco ha voluto dare ai suoi gesti di Pastore. Il posto del papa non aveva una posizione privilegiata. In mezzo ai suoi preti. In tutto eravamo in dieci. La posizione di privilegio l’avevo io: proprio davanti a lui.
Subito ci siamo presentati: uno per uno. Raccontando la nostra storia. Francesco ha ascoltato con tanta attenzione, intervenendo, di tanto in  tanto, con battute, piccole riflessioni ed anche indicazioni.
Durante il pranzo, molto semplice: un ‘primo’, piatto tipico sardo, un ‘secondo’ con contorno, e un buonissimo dolce, andava avanti la nostra conversazione.
Il Papa era contento, lo si vedeva. Spesso mentre gli altri parlavano, essendogli io avanti, i nostri sguardi si incrociavano. E forse, accorgendosi del mio imbarazzo, spesso mi sorrideva sciogliendo la mia rigidità.
Sono stati moltissimi gli argomenti, attinenti alle attività di ciascuno. Quelli improntati sul servizio, sui poveri, sulla solidarietà sulla testimonianza sono stati quelli che seguiva con attenzione ed anche con commozione: si, anche commozione! I suoi occhi si son gonfiati, quando ha ascoltato una toccante testimonianza di don Enrico riguardante il servizio della Carità.
E’ stato attento alla testimonianza di don Mario, che è stato prete operaio, mostrando molta sensibilità per i problemi sociali che ci affliggono, per la precarietà, la disoccupazione, la difficoltà delle famiglie ad andare avanti, la povertà.
Attento e molto partecipe sull’argomento della formazione di noi sacerdoti, del nostro accompagnamento nella crescita di fede.
Quanto fino ad ora abbiamo ascoltato che il Papa ha detto con le parole, ho potuto percepire, sentire, vedere, che le sperimenta personalmente; e che fede e vita, nella sua persona si fondono nella sua ‘umanità’.
Io mi son presentato facendo notare come tutti i presenti, ciascuno a suo modo hanno incrociato la mia vita. E dalla mia ordinazione sacerdotale, fino al mio servizio a San Giacomo sinteticamente ho presentato la mia esperinza. Ho raccontato anche la ‘dolorosa’ storia dell’Ospedale, di come in maniera maldestra si sia chiuso un nosocomio che la Chiesa al termine del 1500 aveva realizzato per andare incontro ai poveri e agli esclusi ed emarginati.
Ha voluto sapere della mia malattia, di tutti i miei interventi chirurgici subiti e di come sto ora.
E poi ho parlato delle parrocchie del centro storico. Ho detto al Papa che sono importanti e che pur essendo piccole come numero di abitanti, devono essere centro vivo della presenza e accoglienza cristiana per la capitale, e che non vanno chiuse: ha ascoltato con attenzione ed ha ribadito il suo concetto: ‘ che tristezza vedere le porte delle Chiese chiuse’.
Gli ho anche riferito, che quanto affermato da Padre Lombardi, di un incremento delle confessioni registrato dalla sua Elezione, era proprio vero.
Allora lui, con poche parole, ci ha fatto un esortazione sul sacramento della Confessione: ‘Siate misericordiosi: e misericordia non è colpevolizzare la persona, né dire che tutto è lecito, essere di manica larga. Significa ascoltare, capire, accompagnare passo passo, con pazienza, lasciarsi guidare dal Signore, pregare.
Ha capito che in mattinata non ero stato presente alla Messa Crismale: ‘e … certo: come avresti fatto!!!’ ha detto quasi giustificandomi; ma in ogni caso ho voluto dire che mi ha fatto tanto piacere ascoltare le sue parole nell’omelia; e che mi sento invitato ad indossare la ‘casula’ con i nomi dei mie parrocchiani scritti sopra, e a cercare di immergermi nel gregge che il Signore mi ha affidato, ‘puzzando di pecora’.
Ai suoi incoraggiamenti, tutti abbiamo replicato che la gente già gli vuole bene, e che anche noi gli vogliamo tanto bene e che, quanto sta facendo, è un segno tangibile dell’amore e della tenerezza di Dio.
Gli abbiamo raccontato ciò che i giornali dicono di lui. Io sono anche stato un po’ impudente dicendo che un sottotitolo di un quotidiano affermava che il Papa da buon gesuita lui ascoltava tutti ma poi decideva da solo. ‘Ah, si?’ ha detto sorridendo.
Ogni tanto interveniva con qualche battuta scherzosa ed ascoltava le nostre. Ha parlato anche di calcio, dicendo che tutti gli argentini sono ‘tifosi di calcio’, spiegandoci il perché del suo interessamento alla squadra San Lorenzo, che ha ribadito essere in serie A, e che nasce da una esperienza di oratorio parrocchiale.
Il pranzo così è proseguito con una semplice ma efficace ‘Lectio’ di vita per noi preti e si è concluso con un semplice ‘cin’’cin’ che ha voluto fare singolarmente con ciascuno di noi alzandosi per arrivare a chi era più distante da tavola.
Alla conclusione una preghiera di ringraziamento, e un bacio come saluto. Ci ha invitato a portare il suo saluto e la benedizione alle nostre Comunità Parrocchiali.
Ho voluto dargli il nostro calendario dove all’interno della busta, insieme all’immagine della Madonna dei Miracoli, ho voluto scrivere un biglietto che voglio condividere con voi.
 

Caro Papa Francesco
Questa è l’immagine della Madonna Dei Miracoli che un popolano romano ha dipinto sulla sua casa e poi san Camillo de Lellis ha fatto trasportare nella nostra Chiesa.

Ti chiedo un Ave Maria
Per la mia Parrocchia,
Per la mia famiglia, soprattutto per mia sorella che è stata il mio angelo in questi anni di sofferenza,
Per le persone senza lavoro, che sono disperate,
Per i malati di tumore o di altre gravi malattie.
Per i quanti mi chiedono preghiere per le loro famiglie per la loro sofferenza, per la loro solitudine ed io ne conosco e sono accanto a me ogni giorno.
Per i poveri che bussano alla ogni giorno alla porta della nostra parrocchia.
Ti chiedo una Ave Maria anche per me
Grazie mio vescovo,
mio Papa Francesco.
Ti voglio bene
Tuo figlio
Don Giuseppe


Papa Francesco mi ha salutato per ultimo, mi ha dato il bacio paterno di saluto. Gli ho chiesto: ‘mi dia la benedizione’ e lui quasi sottovoce mettendomi la mano sul capo mi ha detto ‘certo ti benedico’.
Avevo in mano la busta con dentro il calendario e la lettera. Ero impacciato. Mi voltavo cercando qualcuno cui darla: e lui ha detto: ‘perché non posso prenderla io?’ se l’è messa sotto braccio e si è silenziosamente allontanato.
Ci siamo guardati l’un l’altro ed è stato unanime il commento: ‘ma tutto vero quanto è successo?’
E pieni di gioia siamo andati nelle nostre comunità per celebrare la Messa della ‘Cena del Signore’

 don Giuseppe

Intervista per Aleteia portale d'informazione cattolica

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