giovedì 24 ottobre 2013
riconciliazione e confessione. quando un sacramento è discusso
Di Don Lauro Viscardo
Se ti dico che mi trema la voce ci credi? Vorrei parlarti di un sacramento appartato, senza riti, poche voci, preghiere ridotte all'osso, cenni. Vive di confidenze di sguardi di segreti di lunghi silenzi. Per me è una strada in curva, io stesso sono poco adatto a parlarne: psicologo non sono e dentro quel buio confessionale ho sempre faticato, impaurito chissà dal mostro sacro della coscienza di quanti si accostavano a me. Ci entravo e ogni volta che dirò come reagirò ce la farò a reggere un carico così pesante. Inesperienza giovanile? Ma no è durato tutta la vita.
Comincio da lontano, mi avvicino piano piano. Intanto come tutte le religioni, il cristianesimo ti insegna l'umiltà: riconosciti per quello che sei e per quello che provi e per quello che soffri. Sotto, sotto i tuoi titoli sotto le tue divise e dietro le tue medaglie non sei che un uomo e una donna, con gli acciacchi gli umori e le depressioni di un uomo e di una donna. Ammetterlo è già tanto, quasi uno spogliamento che ti fa tirare un sospiro di sollievo, beh sì certe volte perfino divertente. Non sei nessuno e se ti guardi nell'anima sei pure pieno di polvere e forfora. Perciò. Perciò le religioni di ogni tempo e di ogni dove hanno sempre preteso che prima di accostarti al sacro tu ti lavassi accuratamente quasi con solennità. La purità rituale diventò la loro ossessione. Si attrezzarono con vasche e fontane, conche e bacili, fiumi sacri e immersioni, abluzioni e battesimi. Vesti paramenti tuniche vasi utensili: consacrati speciali riservati. Guai a contaminare guai a trattare guai semplicemente a sfiorare il sacro con le mani di tutti i giorni.
Nevrosi? In parte, però anche stavolta ci sono andate vicine. Secondo me hanno anticipato i cardini della medicina moderna: igiene prevenzione controlli divieti scelte alimentari. Ti pare poco?
Ma c'è di più perché è all'interno di me che quella voce serpeggia. Sono io stesso a provare la fame di un mondo respirabile la voglia di armonia la pretesa di rapporti chiari e di parole dette col cuore.
Da qui la mia smania: smania di innocenza smania di cose immacolate smania di luce del giorno. E poi un sogno: il sogno che quel chiarore si faccia strada e regali a destra e a sinistra minuscoli raggi di sole un po' qui e un po' là. Che sogni strani mi vengono. Che desiderio che insistenza che sete di purificazione. Dunque. Dunque per affacciarmi su questo difficile sacramento partirò dalla mia personale e bella ossessione per cose pure e per cose alte. Pensa tu: la vita come rito, la vita trattata coi guanti.
Negli ultimi tempi il mondo cattolico molti di quei segni li ha persi per strada. Acqua benedetta all'entrare in chiesa scomparsa; quaresima e venerdì di astinenza si fa per dire; preludio di raccoglimento alla messa due secondi. Siamo ridotti a venerare di lontano Kippur ebraico e Ramadan musulmano. Non ti sembra uno spreco?
Non è qui dunque che posso trovare la chiave per un sacramento così complicato. Quel portale smisurato lo devo affrontare di colpo di petto faccia a faccia. Un portale che mi intimorisce e mi attrae, mi conquista e mi mette a disagio. Cos'è il sacramento della riconciliazione? Cosa ne abbiamo fatto?
Confessionali vuoti e deserti; se frequentati questione di minuti borbottii cantilene distrazioni stupidaggini quotidiane. Che tesoro stiamo sprecando: una delle meraviglie della chiesa cattolica travolta dalla mediocrità dalla banalità e a volte (pare curioso) da un rigore senza motivo. La riconciliazione: quell'abbraccio invisibile quel balsamo che cerco da anni quella pace smarrita. Citofono padre vorrei parlarle ne ho bisogno. Clic scendo. Così su due piedi, no prenotazioni no permessi e parcelle neanche a parlarne. Chi incontrerò non lo so e neanche m'importa. Perdonami l'espressione: una meravigliosa offerta di sacro da marciapiede.
Ecco di questo vorrei parlare e finalmente pronunciare un vocabolo contorto e drammatico: il perdono. Il perdono o la possibilità di dormire la notte. Perdono? E da parte di chi? Perdono di Dio?
Oh Signore, non ti sembra un'arroganza non ti pare un assurdo? Allora?
Allora fammi riprendere fiato e lasciami immaginare l'imboccatura di un tunnel a luci spente.
Faccio un po' di retorica lo so ma lasciami provare.
Mi calerò lentamente all'inferno ma con rispetto strisciando i piedi tastando i muri e solo di tanto in tanto accendendo una torcia. Farmi un giro in corsie di ospedale o nel braccio di un carcere la vedo complicata ma immaginare posso e col magone almeno andare ai ricordi.
Quel giorno. Cosa ho fatto come ho potuto che mi è saltato per la testa...la sbatterei contro il muro la testa mi strapperei i capelli mi straccerei le vesti. Come ho fatto, perché.
E vorrei vorrei che qui che adesso che subito qualcuno mi capisse qualcuno mi allungasse la mano qualcuno mi tenesse il polso qualcuno mi stesse a sentire. Una voce qualsiasi uomo donna che ne so. Invece niente nessuno buio. Il cielo chiuso le parole morte i saluti finiti. Un muro un reticolato con allarme una linea scura fra me e il mondo. Perdono impossibile riconciliazione te la puoi scordare abbracci neanche a pensarci. Un inferno bianco una nebbia che tagli un mutismo che soffoca. Isolamento suoni lontani vita finita. Invece. Un puntino di luce nel tunnel, toc si schiava la porta. Un prete. Parli parli ti ascolta di tanto in tanto alza la testa. Il sacramento che si offre a tutti senza guardarli in faccia e senza mai giudicarli: uno dei gioielli della religione cattolica. Torino metà '800 prima industrializzazione, l'Italia alle soglie dell'unità e la politica sta dilaniando la gerarchia cattolica. Ma. Ma ancora una volta la luce si accende dal basso. A Valdocco in mezzo alla strada don Bosco raduna i ragazzini che i senza scrupolo pagano due soldi per dieci ore di lavori massacranti. Il Cottolengo sta aprendo la Casa della Divina Provvidenza per storpi e infelici, quelli che nessuno si sogna di assistere. Ma è nelle carceri di Torino che c'è il vero miracolo: là c'è un pretino smunto storto gobbo a cui nessuno fa caso: don Giuseppe ha consacrato (è la parola) e quasi venduto la vita ai disperati: a chi grida a chi bestemmia a chi urla tutta la notte a chi non ha più una speranza. Pensa solo a loro, ai condannati a morte. Intere giornate senza requie senza pause
scordandosi di mangiare don Giuseppe sta con loro vive con loro e con loro passa l'ultima notte.
Don Giuseppe Cafasso non ha figura ha poco carisma scarsissimo fascino, vive nascosto e quasi seppellito nei sotterranei delle prigioni di Torino. Parla li ascolta li guarda. È il suo sacramento la sua religione la sua ragione di vita. Un maniaco della riconciliazione.
Ho capito, bellissimo. Però. Però qualcosa non torna e qualcosa non è chiaro. Un sacramento così alto non può essere un obbligo. Perché dovrei? Non è una scelta aprire la propria anima? Perché non posso fare la comunione senza confessarmi. Cos'è questa forzatura. Non è forse sovrana la coscienza? Sono ancora domande serie le tue. Lasciami il tempo di riprendere ci sentiremo. Per stasera ciao.
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