venerdì 21 dicembre 2012

CALENDARIO 2013




Viviamo in un periodo molto particolare per la nostra città, il nostro Paese direi per il Mondo intero, ma vogliamo dare un segno sensibile che possa caratterizzare l’Anno della Fede: Il restauro dell’Altare della Madonna dei Miracoli. Sarà un ‘impegno economico’ non semplice. Ma son convinto che riusciremo con la vostra generosità a raggiungere questo obbiettivo. Il ‘Calendario 2013’ (ideato e realizzato dal nostro Pino Moncada e scandito ogni mese da un verso della prechiera 'Per dono', scritta da Maria Pia Corrado Paravia - Presidente di A.N.G.E.L.S. onlus ) che verrà messo a vostra disposizione dalla Messa della Notte di Natale, potrà essere un occasione concreta per contribuire a questo intento. 





APPUNTI SULLA SACRA IMMAGINE DI S. MARIA DEI MIRACOLI E FATTI STORICI AD ESSA CONNESSI
Sotto uno degli archi interni delle mura Aureliane, che si protendevano sino alla riva del Tevere, nei pressi di Porta del Popolo in corrispondenza dell'attuale Ponte Margherita, fu dipinto ad affresco, nella seconda metà del XV secolo (1480 c.), l'immagine di una Madonna con il Bambino. Una delle tante icone, dipinte da mani ignote e dette comunemente " Madonnelle",  segno di una devozione comune a tutte le classi sociali romane.
 Un imprecisato giorno del 1525 una popolana recatasi sulle sponde del Tevere per lavare panni, come un tempo s'usava, ed essendo in compagnia del proprio figlio di  sette anni lo vide improvvisamente scivolare sulla riva melmosa e cadere nel fiume.
 "...Buon per lei, che ivi d'appresso eravi dipinta sul muro sotto un arco l'effige di Maria, in cui si incontrarono  i suoi occhi bagnati di lacrime. A quella vista si riscuote, si anima, ed invoca la gran Madre di Dio in soccorso del figlio. Questi con l'aiuto degli uomini accorsi fu estratto dall'0nde, e confessò di essere stato sostenuto da una signora coperta di bianca veste...".
All'emozione suscitata dal provvidenziale quanto inatteso intervento celeste fu coinvolto non solo l'intero rione, ma tutta la città (una città di poco più di centomila anime): "...Sparsa la fama del successo, quel Rione fu inondato di Gente. Accorsevi specialmente gli Infermi, e bisognosi; e i
miracoli furonvi di si gran, copia ch'è una confusione il narrarli... E cominciovvi concorso tale, ad appendervisi tanti voti, che la pubblica strada, era una troppo piccola Chiesa..."
Si può supporre che l'importanza del riscontro popolare nella devozione all'immagine fosse esageratamente ingigantita, ma anche le pur rare testimonianze contemporanee concordano nel descrivere grandi folle di partecipanti alla devozione.
La risonanza collettiva del fatto indusse la Compagnia di S. Giacomo, che esercitava in quell'area la sua giurisdizione, a costruire in quello stesso luogo una modesta cappella dedicata alla Vergine. " La grandezza del portento mosse l'edificante Compagnia di S. Giacomo a torla di là, e collocarla nella chiesa eretta a tal oggetto nel termine dell'anno 1525..." (archivio del Capitolo di S. Pietro, Fondo Madonne Coronate).
La cappellina è riportata nella pianta del Bufalini (1551) ed in quella del Tempesta (1593) che la indica come S.Maria Mirac(ulorum).
La cappella fu affidata da Clemente VII (1523-1536) all'Ospedale di S. Giacomo, poi detto degli Incurabili.
Nel 1530 la chiesetta fu sommersa dalla piena del Tevere e proprio i continui straripamenti del fiume indussero al trasferimento della venerata immagine.
Sin dal 1338 , fondato dal card. Pietro Colonna, esisteva in Via del Corso l'ospedale oggi chiamato S. Giacomo degli Incurabili e, nel codice del Signorili, si nomina un S. Iacobus de langusta, che il volgo chiamava anche l'agosta, nome attribuito nei secoli di mezzo ai ruderi del mausoleo di Augusto.
Nicolò V, nel 1450, concesse la chiesa di S.Giacomo alla Compagnia di S. Maria del Popolo ed il card. Antonio Maria Salviati (1537-1602), la fece rinnovare e riedificare in maggiori proporzioni dando inizio ai lavori nel 1592.
Nel( 1598) la parte basamentale della chiesa era completata ed in quello stesso anno l'affresco originale, riproducente l'immagine detta di S.Maria dei Miracoli, venne trasportato nella costruenda chiesa e sostituito, nella cappella dove precedentemente era stato custodito, da una copia su cartone.
Da quell'anno 1598 vi furono così due medesime immagini che ebbero storie parallele, ambedue sottolineate da fatti ed avvenimenti prodigiosi che vieppiù ne esaltarono la devozione.
La copia rimase custodita nella cappella che fu affidata nel 1628, dal card. Francesco Barberini, alla cura dei frati riformati del terz'ordine di S. Francesco della Congregazione di Francia, detti di Penitenza.
Nel 1661, Alessandro VII (1655-1667) firmò il decreto che ordinava ai Terziari Francescani, che officiavano nella cappella, di trasferirsi a Piazza del Popolo "per la malissima qualità dell'aria", stando quella (cappella) sopra la riva del Tevere "dove ordinariamente soleva essere una densissima nebbia".
I francescani furono provvisoriamente ospitati quindi in Piazza del Popolo presso un preesistente oratorio dedicato a S.Orsola, vicino ai resti del preteso sepolcro di Agrippa, ricordato come "Trullo".
Già papa Clemente VIII (1592-l605).aveva ordinato a Carlo Rainaldi  di edificare una nuova chiesa in Piazza del Popolo ove, con maggior decoro, l'icona doveva essere collocata, ma soltanto sotto i pontificati di Clemente X (1670-1676) ed Innocenzo XI (1676-1689) si portò a conclusione la fabbrica della chiesa che fu consacrata il 5 agosto 1678.
La chiesa, che prese il nome dall'immagine, è l'attuale S. Maria dei Miracoli attigua all'altra, simmetrica, di S. Maria di Montesanto.
Nel luglio del 1796, all'avvenimento del famoso prodigio, comune ad altre immagini sacre in diverse parti della città, le quali, a testimonianza di molti, mossero gli occhi contemporaneamente, il rettore della chiesa di S. Maria dei Miracoli propose di inserire, nel processo che sul predetto prodigio il Capitolo Vaticano aveva intrapreso, l'immagine custodita nella sua chiesa.
Così ne scrive il Marchetti: "Di questa immagine che è in carta, posta in piccolo quadro e che si conserva in detta Chiesa nel secondo altare a mano diritta sotto il quadro maggiore; i superiori della Compagnia del Santissimo Sagramento ivi eretta , si presero cura di fare per mano di pubblico Notaro prendere nel giorno stesso 9 luglio e nel seguente le deposizioni dei testimoni, i quali come rilevasi dagli Istromenti rogati per gli atti del Gaudenzi sotto il dì 9, 10 luglio 1796 dissero concordemente di poter con giuramento attestare di avere cogli occhi propri respettivamente il dopo pranzo del dì 9 luglio detto veduto questa sagra Immagine muovere gli occhi alla presenza del popolo, che dava i soliti segni di meraviglia e di gioia. Segue la lista dei testimoni".
L'affresco originale, intanto, si continuò a custodirlo nella chiesa di S.Giacomo in Augusta ed era circondato da una quantità e qualità tale di oggetti, che si usava apporre un tempo come ex-voto, i quali offrivano una completa testimonianza delle piccole grandi pene affidate dai fedeli alla sacra immagine e si poteva, a volte, conoscere l'intero svolgimento del fatto straordinario grazie a scene raffigurate in appositi quadretti.
Purtroppo tutto ciò è andato perduto durante il periodo della Repubblica Romana (1849), quando la chiesa di S. Giacomo fu trasformata in stalla, e miracoloso appare il fatto che la prodigiosa icona non abbia subìto alcun danno. Oggi gli ex-voto sono costituiti da piccoli cuori d'argento, con una data, un nome o, più spesso, un generico ringraziamento che non rivela nulla.
Questo cambiamento di forma segnala non solo il cambiamento di rapporto tra l'individuo ed il sacro ma anche e, soprattutto, che non esiste più la percezione collettiva di questo rapporto.
L'ex-voto che, infatti, è finalizzato a rendere pubblico il miracolo, a socializzarlo, svolge ora questa funzione in modo scarsamente comunicativo.
Eppure sarebbe ancora coinvolgente ed esaltante se coloro che ritengono di avere ricevuto , implorandolo all'immagine, un segno di grazia, comunque esso sia, volessero testimoniarlo pubblicamente.
Ma, allora, occorrerebbe di certo un libro, e non questi pochi appunti.

Di Giacomo Fabrizio

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